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Baretta: in ricordo di Marisa Baroni e Sandro Antoniazzi

17 Luglio 2025

Articolo di Pier Paolo Baretta su "Riformismo e Solidarietà"

Nel giro di qualche giorno ci hanno lasciato Marisa Baroni e Sandro Antoniazzi, due amici, due pilastri del sindacalismo italiano, della Cisl, del riformismo e della cultura sociale cattolica.

La notizia della scomparsa di Sandro è arrivata proprio la mattina della apertura del Congresso confederale della Cisl. Figli rappresentativi di una stagione antica, di un sindacalismo di frontiera, ma madri e padri di una nuova era di emancipazione e diritti.
Come tanti altri, hanno vissuto, provocato e influenzato il cambiamento sociale del nostro Paese con le lotte, con gli accordi, con lo studio, la formazione, il confronto. Ma, soprattutto, con la testimonianza personale di un impegno costante, totalitario (Marisa a 90 passati, continuava ogni giorno a recarsi al Sindacato a Ferrara, Sandro a scrivere). Per loro gli interessi dei lavoratori venivano prima delle appartenenze politiche, secondo quel famoso slogan della Cisl: “se sei solo un lavoratore, noi siamo solo un Sindacato”, mutuato dalla storica affermazione di Pastore in risposta a Rapelli.

Al tempo stesso, questo sindacalismo “puro” – al limite, in taluni casi, del pansindaclismo – non è mai stato politicamente agnostico o neutrale, ma orientato, nel rispetto del pluralismo (garanzia che la Cisl ha sempre assicurato ai propri aderenti), verso un naturale progressismo, inevitabile sbocco politico di contenuti e azioni sindacali che puntavano a dare protagonismo a quelle che venivano definite le “classi subalterne”, ma che noi, con un linguaggio più aderente alla nostra formazione culturale, definiamo “gli ultimi”.
Ma gli ultimi cambiano, col mutare delle condizioni economiche e sociali e la loro tutela non necessariamente coincide, soprattutto nei paesi industrializzati della parte “ricca” del mondo, con l’antagonismo sociale e il radicalismo economico.

Proprio la ricerca costante del precario, ma necessario, equilibrio tra il  miglioramento delle condizioni sociali e i vincoli dettati dal quadro economico, è uno degli insegnamenti più fertili di quella stagione sindacale. Basti pensare alla centralità del negoziato e dell’accordo, come sbocco necessario del conflitto. L’accordo di san Valentino sulla scala mobile del febbraio ‘84 e quello sulla politica dei redditi del luglio ‘92, ne sono la più famosa conferma.
Oggi mantenere questo equilibrio è più complicato perché ci si deve misurare con una dimensione globale che sempre più sfugge al controllo delle dinamiche sindacali. Sicché il rischio di un indebolimento delle tutele, di un arretramento, è misurabile nella caduta del potere di acquisto; nella difficile tenuta delle reti di protezione, in particolare del welfare.

È possibile una nuova stagione nella quale il Sindacato ritorna artefice di un nuovo protagonismo dei lavoratori nella mutata società contemporanea? La risposta, credo, va trovata in un nuovo equilibrio tra partecipazione-negoziazione- legislazione (meglio se di sostegno). La recente legge sulla partecipazione, sia pure indebolita dagli interventi della politica, è un buon trampolino; dall’altro va ripresa di una negoziazione diffusa (centrale e locare) sul salario e le retribuzioni e sulla implementazione del welfare aziendale. Tematiche entrambe (retribuzioni e protezione) urgenti anche per la pubblica amministrazione, che possono costituire quel rilancio di cui si avverte la necessità. La fatica con le quali procede il rinnovo del contratto dei meccanici sembra non seguire questa direzione.

È qui che deve intervenire la politica; non tanto nel merito delle trattative, quanto nell’assicurare, in questo scenario di dazi e contro dazi, un contesto di priorità nelle scelte fiscali e di politica industriale che renda praticabile un netto miglioramento delle condizioni economiche e di servizi del mondo del lavoro; a cominciare proprio da quella parte di cui il governo è datore di lavoro. È quello che è mancato in questi ultimi anni.

Impegnarci tutti perché ciò avvenga è il miglior modo per onorare quei maestri come Marisa, Sandro e tanti altri, senza i quali non saremo quel che siamo…


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