"Siamo molto preoccupati per quanto sta emergendo in Sicilia. Le intercettazioni e le notizie pubblicate dagli organi di stampa, cui va il nostro plauso per avere svolto il proprio dovere di informare i cittadini, confermano ciò che denunciamo da tempo: esiste un sistema marcio, un meccanismo opaco e distorto che ruota attorno alle cosiddette finanziarie bancomat. Risorse pubbliche erogate ad associazioni più o meno discutibili, senza criteri trasparenti, con l'unico obiettivo di costruire consenso attraverso lo scambio politico". Lo dichiara il deputato Anthony Barbagallo, segretario regionale del Pd Sicilia, sull'inchiesta per corruzione che vede indagati, tra gli altri, il presidente dell'Ars Gaetano Galvagno, alcuni suoi collaboratori e l'assessora regionale al Turismo, Elvira Amata, entrambi di Fdi. L'esponente dem "stigmatizza anche il tenore del dibattito che si è svolto ieri al Parlamento siciliano" sulle comunicazioni del presidente Galvagno: "Anziché chiarire una volta per tutte le criticità emerse - sottolinea Barbagallo - e dire basta, ieri si è svolto un teatrino, con discorsi evasivi. In questo modo, però, si continua a perpetuare un sistema poco limpido, dove le istituzioni sembrano al servizio di faccendieri e logiche di potere e non del bene comune. Oltre al silenzio del presidente della Regione, Schifani, ci chiediamo per quale motivo anche il governo, premier Meloni inclusa, continui a far finta di non vedere, voltandosi dall'altra, parte mentre in Sicilia viene costruito un sistema di consenso fondato sull'arbitrio e sull'elargizione discrezionale di fondi pubblici". "Il Pd - conclude Barbagallo - ha presentato un atto ispettivo per chiedere conto al governo delle ragioni per cui non siano state impugnate le tre leggi finanziarie regionali che autorizzano questi trasferimenti. In almeno un caso, il Mef aveva evidenziato gravi irregolarità, dalla mancanza di trasparenza nella gestione dei fondi alla totale assenza di criteri pubblici per la loro attribuzione. Di tutto questo chiederemo conto e al ministro Calderoli dovrà spiegare in Parlamento perché non si sia intervenuti".