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Schlein: per la difesa europea servono investimenti comuni. Perchè dico no a questo piano Ue

07 Marzo 2025

Interviste a Elly Schlein su "il Corriere" e "il Manifesto"

Elly Schlein, il piano di Ursula von der Leyen è un primo passo, come sostengono molti leader del Pse?
«Come ho ribadito anche a Bruxelles ai socialisti europei noi siamo convinti che quello che serve oggi è un salto in avanti verso difesa comune europea. Se non si sta facendo, ahimè, è perché evidentemente non c’è ancora la volontà politica da parte degli Stati. Ai socialisti europei ho anche detto che la difesa europea è una cosa diversa rispetto all’agevolazione al riarmo dei 27 Stati membri, come fa il piano von der Leyen. Per questo va nella direzione sbagliata».

Lei ha fatto l’esempio della sfida alla pandemia.
«Sì, durante il Covid noi siamo stati in grado di superare veti storici e mettere in campo un grande piano di investimento, il Next generation Eu. Oggi siamo davanti a una sfida di analoga portata e non vediamo quel coraggio. Questo è il punto. Perché non si fa un piano di investimenti comuni da 800 miliardi all’anno che tenga dentro tutte le priorità: quella industriale, la energetica, la sociale, l’ambientale, la digitale e la difesa comune. Anche la difesa comune infatti va sostenuta con investimenti comuni fatti con debito europeo, ma entro un piano complessivo che abbia pure altre priorità. Sarebbe un errore lasciare indietro tutte le altre priorità che sono state il cuore del Next Generation Eu. Manderemmo un messaggio sbagliato ai cittadini».

Non c’è niente che la convince in quel piano?
«L’unico strumento che sembra andare nella direzione di quello che sosteniamo è quello simile al Sure perché finanzia progetti comuni europei. Però sono prestiti, non investimenti diretti. E per di più è uno strumento che non passa dal Parlamento e che quindi sarà difficile migliorare. Tutti gli altri strumenti, penso alla flessibilità sul patto di Stabilità o alla richiesta di finanziamenti della Banca europea, vanno condizionati ai progetti comuni presentati da più Paesi, perche altrimenti è il riarmo dei 27 e, come ho detto ai leader socialisti europei, non è più efficiente, non fa economia di scala, non aumenta la interoperabilità e, quindi, non aumenta la deterrenza».

Lei ha fatto una battaglia sui fondi di coesione.
«Sì, abbiamo insistito per non dirottare i fondi di coesione sulla spesa militare. Su questo punto abbiamo avuto riscontri molto positivi e questo si rifletterà anche nella posizione dei socialdemocratici al Parlamento europeo».

Fitto dice che chi non vuole non userà quei fondi: la tranquillizza?
«No. Era così dall’inizio. Ma il punto è che può anche essere facoltativo, ma rimane sbagliato. Insisto: per fare la difesa comune servono investimenti comuni. Se siamo d’accordo sul fatto che siamo di fronte a una sfida di portata analoga a quella della pandemia, non si capisce perche gli Stati si devono richiudere e fare un piano basato solo sul debito nazionale. Sembra di rivedere il film che abbiamo visto con le deroghe alla disciplina degli aiuti di Stato durante il Covid. Si ricorda come è andata? Che quelle deroghe le hanno utilizzate solo i Paesi che avevano più margine fiscale. Quindi si rischia di acuire le distanze anziché porre le basi di un esercito europeo, che sarebbe più efficace anche in termini di deterrenza rispetto a 27 diversi eserciti».

Non si sente isolata visto che Sanchez e gli altri governanti socialisti sostengono quel piano?
«Noi siamo più critici, certamente, ma il presidente del Pse ha fatto, dopo il vertice, considerazioni simili. E comunque non starei mai su delle posizioni che ritengo sbagliate».

Quindi non voterete la risoluzione di sostegno al piano?
«Per ora c’è solo una risoluzione, è quella socialista, che la nostra delegazione è riuscita a migliorare fortemente, tra le altre cose proprio sul punto dei fondi di coesione».

Anche per un pezzo del Pd il piano è un primo passo avanti.
«Siamo un partito plurale, è normale discutere. La settimana scorsa c’è stata una direzione senza voti contrari né astenuti per un’Europa che superi l’unanimità, che metta in campo questo piano di investimenti da 800 miliardi, dentro il quale c’è anche la difesa comune ma non solo quella. E nella relazione avevo detto sì alla difesa comune e no al riarmo nazionale, visto che già si parlava della flessibilità sul patto».

Ma i riformisti non hanno partecipato al voto.
«L’ho già detto: è normale che in un partito si discuta, poi però la posizione che ha assunto il Pd con il suo organo ufficiale è quella e quella è stata votata senza voti contrari o astenuti. È importante discutere, ma è importante anche decidere».

La manifestazione per l’Europa sarà contro von der Leyen?
«La manifestazione è per un’Europa più unita e federale, noi abbiamo aderito chiarendo le posizioni con cui andiamo: noi difendiamo i valori su cui è nata l’Europa, non gli errori e i limiti, e quella che è stata indicata sul piano è la strada sbagliata. Dopodiché io sono una federalista europea convinta da sempre. Quando la tua squadra del cuore, in questo caso la Ue, sbaglia una partita non cambi squadra, te la prendi con l’allenatore finché non cambia il gioco».

Manterrete il sostegno all’Ucraina?
«Nel gruppo a Bruxelles ovviamente abbiamo parlato anche della situazione internazionale. Trump ha deciso di prendere le parti di Putin, ricattando e umiliando l’Ucraina. I due hanno un interesse comune: dividere e indebolire l’Europa. E vogliono sostituire il diritto internazionale con la legge del più forte e del più ricco. Non lo possiamo accettare. Come non possiamo accettare che gli Usa vogliano escludere l’Ucraina e la Ue dai negoziati con la Russia. Per questo, l’ho detto a Bruxelles, gli Stati membri dovrebbero dare un mandato chiaro e forte a una delle istituzioni europee perche possa sedersi a quel tavolo per difendere gli interessi di sicurezza ucraini ed europei, Trump di certo non lo farà. Quindi dobbiamo continuare a supportare un popolo invaso, ma al contempo sviluppare una proposta di pace europea. In questo senso è stato positivo sentirne parlare Starmer e Macron a Londra».


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