Bene ha fatto Elly Schlein a sollevare dubbi sulla strada prospettata da Ursula Von der Leyen. Mai come in questo momento si sente in Europa la mancanza di David Sassoli, che nel pieno della tempesta pandemica convinse la Germania e i frugali - nonostante le tante titubanze iniziali - ad affrontare unitariamente la crisi con il Next Generation Ue. Un piano coraggioso e di svolta, qualità che mancano a quello sulla sicurezza presentato ieri da Von Der Leyen.
È una contraddizione aumentare la spesa per la difesa dei singoli stati, se questa - come ha fatto intendere la Presidente della Commissione Ue - non è inserita in un percorso che porti alla difesa comune europea.
Serve correggere subito la rotta. Attivare immediatamente strumenti come la cooperazione rafforzata, una centrale unica per gli acquisti, l’emissione di titoli di debito comune. Serve cioè avviare un percorso chiaro verso la difesa comune.
E serve, parallelamente, un lavoro sul fronte sociale e economico per rafforzare l’unità e gli elementi di protezione per le imprese e i cittadini dai dazi. Questi punti, contenuti nell’appello “Per un’Europa più libera e forte”, sono invece complementi assenti dal piano della Von der Leyen, come se la difesa comune fosse una mera corsa dei singoli stati agli armamenti e non un elemento per il ripensamento strategico dell’Europa.
Lasciare ai singoli stati questi compiti è sbagliato per diverse ragioni. Innanzitutto perché, per quanto ogni Stato aumenti la spesa, questa non sarà mai in grado di competere con le minacce in essere. Inoltre, la spesa resterebbe piena di ridondanze e senza la possibilità di economie di scala. E tra aumento del debito o tagli alla spesa sociale, finirebbe per dividere l’opinione pubblica, facendo un grande regalo a chi oggi è un pericolo per la nostra sicurezza.
Solo con la prospettiva della difesa comune, l’Europa è nella possibilità di esercitare un ruolo da protagonista nello scenario globale.
Già oggi, i paesi dell'Unione spendono 546 miliardi di dollari, che salgono a 700 con la Gran Bretagna. Esattamente quanto secondo alcune stime spendono i cinesi, e molto di più dei 462 miliardi dei russi.
Ma è evidente a tutti come il frazionamento della spesa europea determini la dispersione di queste risorse senza garantire un'Europa libera e forte.
Solo uscendo dallo schema attuale, l’Europa può aumentare il proprio peso nel contesto internazionale, potendo finalmente esercitare quella politica esterna ai confini dell’Unione che fin qui è sempre mancata. E avendo, qui davvero, un ruolo di peso nel Mediterraneo, in Africa, centri nevralgici per l’interesse europeo, a partire dagli approvvigionamenti energetici e con grandi ritorni sulla ricerca e sullo sviluppo di una industria europea.
Il ritorno alle logiche di potenza, dell’aggressività come cifra che regola le relazioni tra gli Stati, richiede all’Europa di reagire, costruendo progressivamente quell’autonomia strategica che fin qui è mancata.
Questa è l’ora delle scelte. Da prendere subito e con coraggio. È questo il momento giusto.