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Losacco: la spirale viziosa che ha reso marginale il PD e la necessaria autocritica

16 Aprile 2024

Leggendo le parole di Fabiano Amati, del profondo ma doloroso legame che tanti come lui hanno coltivato nei confronti del Pd in Puglia, viene da riflettere su tante cose. A partire dal fatto che gli arresti pugliesi di questi giorni non riguardano esponenti Pd, ma che è il Pd pugliese ad avere un grave problema politico. E allora guai a usare le inchieste come armi contro qualcuno, ma anche come un alibi per soprassedere sulle ragioni della nostra crisi. Perchè se in questi anni le sentinelle e gli anticorpi sono stati più deboli è perché più debole è stato il PD, sacrificato sull’altare del disegno politico delle civiche per acquisire potentati locali e pezzi di ceto del centrodestra; i quali, per alimentare il loro consenso, hanno chiesto e ottenuto incarichi e prebende di ogni tipo, a scapito di quei dirigenti e iscritti che il consenso lo coltivano con i progetti e con le idee. Da qui la spirale viziosa di un Pd sempre più marginale e svuotato, congelato nelle forme partecipative e nella sua democrazia interna, tanto da non celebrare un congresso regionale per quasi 10 anni. Le critiche a questo schema sono presto diventate peccati di lesa maestà e figure del calibro di Guglielmo Minervini sono state messe alla porta senza troppi complimenti; certe volte gli addii sono stati festeggiati con gioia, come nel caso di tanti dirigenti locali. È proprio sui territori che questo disegno ha mostrato i suoi effetti più nefasti: un Pd spesso finito in coalizioni monstre, anche con esponenti della Lega e di Fratelli d’Italia. O che, in taluni casi, non si è presentato neppure alle elezioni, per togliere l’imbarazzo a quei dirigenti politici regionali scesi a sostegno di candidati del centrodestra. Oggi quello che il centrosinistra paga è proprio il disegno politico - quello della “coalizione dei pugliesi” innervata da massicce dosi di trasformismo e spregiudicatezza sui compagni di viaggio - collassato sotto il peso della sua inanità valoriale. E allora, se si vuole mostrare di aver compreso la lezione, non bastano le dimissioni di qualcuno; chi fa politica è chiamato a farla che nel nostro caso, significa innanzitutto riportare il Partito Democratico al centro del villaggio: un partito che non deve solo spalancare porte e finestre, ma che deve avere il coraggio di andare a riprendersi quelli che se ne sono andati come Fabiano Amati, e coloro che in questi anni solo stati prima osteggiati e poi denigrati per aver criticato quel progetto; che faccia una seria e serena autocritica sul soffocamento del pluralismo nel partito regionale. Un Pd quindi che riapra i suoi circoli, che la smetta di ritenere l’iniziativa politica solo connessa alla dimensione amministrativa. Un partito cioè che, come ha chiesto Elly Schlein, metta al centro i suoi iscritti, con l’impegno a valorizzare quelli che fanno politica con la forza dei progetti e delle idee e non con quella delle clientele. Per il Pd pugliese rischia di essere davvero l’ultimo treno. Lo ripeto: il problema non è giudiziario, ma politico, per quanto sia singolare che tre inchieste durate anni arrivino a maturazione tutte nel volgere di poche settimane. Per questo far finta di nulla, pensare che tutto possa essere gestito con qualche dimissione o, peggio ancora, additando la magistratura sarebbe un errore alquanto grave. È una crisi che ha una radice politica. Come tale va affrontata.


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