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Mirabelli: l’antimafia serve a combattere le mafie, non gli avversari politici

28 Marzo 2024

Nelle ultime settimane si è molto parlato di antimafia. Per ragioni diverse, dalla vicenda dell’utilizzo indebito delle banche dati su cui sta indagando la procura di Perugia fino alla inedita decisione del ministro degli interni di inviare una commissione di accesso al comune di Bari su esplicita richiesta dei parlamentari pugliesi di maggioranza, e’ stata coinvolta la commissione antimafia e si è discusso sulla legislazione per il contrasto della criminalità organizzata. Il modo in cui la politica, o una parte di essa, sta affrontando questi passaggi credo debba preoccupare per diverse ragioni e mettere in allarme chi considera la lotta alle mafie ancora una priorità per il nostro Paese.

Le organizzazioni criminali hanno cambiato strategie, privilegiano il riciclaggio, la finanza e il dark web agli aspetti militari e, in questo modo, non sono diventate meno pericolose, inquinando con miliardi di provenienza illecita l’economia e la nostra stessa democrazia, ma suscitano uno scarso allarme sociale. Di fronte a queste novità in queste settimane si è provato a far passare l’idea che la mafia non sia più un’emergenza e che è venuto il momento di smantellare la direzione nazionale antimafia e archiviare le norme speciali che hanno consentito di dare colpi durissimi alla criminalità organizzata. Da tempo ci sono forze nel centro destra che, in nome di un generico garantismo, propongono di cambiare la legge Rognoni La Torre sulla confisca preventiva dei beni ai mafiosi, quella sull’esclusione dagli appalti delle imprese legate alle mafie, la stessa legge sullo scioglimento dei comuni in caso di infiltrazioni, fino al 41 bis. Ma oggi queste spinte rischiano di trovare terreno fertile se passa l’idea che, siccome le mafie sparano meno e agiscono sotto traccia e senza clamori, sono meno pericolose e se si usano inchieste, come quella di Perugia, per delegittimare le istituzioni preposte a combattere la criminalità organizzata.


Le mafie hanno storicamente subito colpi durissimi quando magistrati e forze dell’ordine sono stati supportati dall’opinione pubblica e da una politica capace di mostrare la volontà comune, al di là degli schieramenti, di sconfiggere le organizzazioni criminali. Tenere l’antimafia al riparo dalla contesa tra partiti e’ decisivo. Se passa l’idea che si fanno le cose per favorire una parte contro l’altra si indebolisce l’istituzione, si mina la credibilità delle misure. Per questo è grave che sia stata una delegazione del centrodestra a chiedere al ministro di inviare a Bari, in tempi di una rapidità mai visti, in piena campagna elettorale, la commissione di accesso in Comune, senza che lo stesso ministro abbia esplicitato l’inopportunità di quella richiesta. Insomma Commissione e legislazione antimafia servono a combattere la criminalità organizzata se diventano, come sta accadendo, strumenti per colpire l’avversario politico vengono screditati e chi lo fa si assume una grande responsabilità in una fase storica in cui le mafie aggrediscono la nostra economia e la nostra democrazia e in cui c’è bisogno di più attenzione e più unità per combatterle.


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