Articolo di Piero Fassino pubblicato da Huffington Post
Mentre la resistenza ucraina tenta con ogni mezzo di respingere l’avanzata di Mosca - e la spettrale foresta bielorussa fa da palcoscenico alle difficili trattative di queste ore - l’Europa, con un balzo all’indietro di settant’anni, sta già vivendo la più vasta emergenza dai tempi della seconda guerra mondiale. Contemporaneamente la repentina e drammatica evoluzione della crisi ucraina ha impresso un'accelerazione senza precedenti a temi che l’Unione ha rinviato per troppo. Anzitutto, la sicurezza e la difesa. La forte coesione ritrovata dall’Europa in questi giorni di guerra nel reagire con fermezza, velocità e una voce comune - tanto nell’adozione di sanzioni, quanto nel sostegno al diritto di difesa ucraino - non può e non deve essere solo una risposta contingente alla crisi in atto. Deve rappresentare il primo passo di un patto per la sicurezza che preveda, finalmente, un sistema di difesa comune. La crisi ucraina dimostra che solo un’Europa che parli con una sola voce e agisca con una sola mano può essere influente e credibile. Al contrario, una Unione che insista a parlare ancora diverse lingue, e talvolta contrastanti, non è in grado di reagire alle sfide, sempre più complesse, che l’attuale panorama geopolitico ci sottopone.
L’invasione russa dell’Ucraina, infatti, è solo l’ultimo dei pericolosi fronti che richiede all’Europa l’assunzione di una responsabilità di primo piano. Libia, Balcani, Medio Oriente, Sahel sono tutti dossier che richiedono coesione e unità, andando oltre un semplice coordinamento intergovernativo. Il radicalizzarsi dell’instabilità in queste aree ci insegna che, dove (e quando) Bruxelles latita o attende, altri attori sono pronti ad inserirsi. Il gigantesco investimento politico ed economico che la Cina sta perpetuando in alcune di queste aree rappresenta una spina nel fianco con cui molto presto saremo chiamati a fare i conti. E così la presenza sempre più penetrante della Russia di Putin in Siria, in Libia e in numerosi altri fronti dell’Africa, Sahel compreso. L’esigenza di mantenere nell’orbita della democrazia le aree critiche non è semplicemente un esercizio di stile, ma una necessità per garantire pace e stabilità. E non solo per uscire da quella dipendenza energetica che ci rende ricattabili da autocrazie e dittature.
Analogamente l’Unione europea è ha il dovere di non disattendere le speranze di paesi che guardano all’Europa come garanzia di sicurezza, benessere e pace e per questo chiedono di essere accolti nella famiglia europea. L’Europa è l’unico soggetto politico che continua ad “allargarsi” non in virtù di invasioni o conflitti - come pensa Putin - ma per espressa richiesta delle nazioni, come la stessa Ucraina, che nella forza dell’Europa vedono la garanzia della loro libertà’.
Ai paesi balcanici, Moldavia, Georgia, Ucraina che chiedono di entrare nell’Unione europea la risposta europea non può e non deve frustrare quelle aspettative. L’Europa deve cambiare passo. Ai paesi dei Balcani occidentali è stata promessa l’integrazione nell’UE ormai vent’anni fa: prima a Dayton, nel 1995, e poi a Salonicco, nel 2003. A tutt’oggi quegli stessi paesi rimangono in attesa, con la conseguenza che cresce la frustrazione nell’opinione pubblica della regione, mentre altri attori – Cina, Russia, Turchia ed Emirati – si affacciano con politiche assertive. E peraltro la lentezza dell’UE fornisce alibi ai paesi candidati per rallentare le riforme necessarie all’ingresso in Europa. E così all’Ucraina che chiede l’ingresso nella Ue, non si può rispondere burocraticamente che occorre verificare i parametri. L’Europa non può essere ridotta a una somma di aridi criteri. All’Ucraina bisogna intanto rispondere: “sì, l’Europa ti accoglie”. Poi si darà luogo alle procedure e ai passaggi con i tempi necessari. Ma in queste ore chi sta sotto le bombe a Kiev si aspetta che parole chiare di solidarietà e accoglienza.
Insomma serve la stessa determinazione e lo stesso spirito che hanno accompagnato l’Unione e i suoi aderenti a contrastare l’emergenza pandemica. Mai avevamo assistito, di fronte a così molteplici sfide, una risposta tanto chiara e determinata come quella che l’Europa ha fornito prima sulla pandemia e oggi sulla questione ucraina. Il che dimostra che l’UE esiste quando il coraggio di decidere e fa prevalere i suoi valori e visione politica. Proprio da qui sarà necessario ripartire. E’ in gioco non solo la nostra sicurezza, ma soprattutto la libertà, nostra e dei nostri figli.
Fonte: Huffington Post
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