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Laratta: Papa Francesco ha voluto affermare la sua figura semplice e immediata, di un cristiano fra i cristiani

06 Febbraio 2022

Articolo di Franco Laratta pubblicato da LaCNews24.

Io e il monsignore non abbiamo mai avuto idee molto affini, pur tuttavia c’è sempre stato un bel dialogo tra noi. Lui si richiama molto alle posizioni più conservatrici all’interno della Chiesa. In me invece prevale la cultura francescana, l’ideale di un Chiesa povera, una chiesa che abita tra i bisogni della gente.
Ieri sera, appreso che Papa Francesco andava in Tv da Fabio Fazio, molto contrariato mi chiama:
«Franco, ma ti pare che un Papa possa andare in televisione, come un comune cittadino, a farsi intervistare?»
Io: «Perché non dovrebbe farlo, monsignore?”
Lui: «Ma il Papa è il Papa, il Papa è…».
Lo interrompo: «Monsignore, il Papa è il Papa. Non aggiunga aggettivi o quant’altro per spiegare la figura del capo della Chiesa cattolica. Se il Sacro Collegio è andato a cercare il nuovo papa in Argentina, nel sud del mondo, trovando un vescovo che andava nelle favelas argentine in autobus e mangiava con i più poveri, cosa pensavate? Che veniva a Roma per fare cose ordinarie e ‘normali’? Lui è venuto in un momento terribile della vita della Chiesa ed è venuto per cambiare tutto. Non dimentichiamo che la corruzione in Vaticano impazzava, la chiesa tutta era travolta dagli scandali».
E il monsignore: «E con questo? Mica lo abbiamo chiamato per cancellare secoli di tradizione. O per distruggere il papato. Perché il rischio è questo».
Io: «La verità, monsignore, è che molti nelle gerarchie cattoliche hanno ancora in mente il Papa faraone, il Papa benedicente in sedia gestatoria, il Papa che parla ex cathedra, il Papa infallibile sul trono, il Papa che non si può avvicinare, il Papa che non si può parlare».
E lui: «Ma non è vero. E comunque il Papa è una figura sacra, è pur sempre il Vicario di Cristo sulla terra. Non uno che si fa i selfie!».
Replico: «Ecco questo è il punto. Francesco ha voluto affermare la sua figura semplice e immediata, quella di un cristiano fra i cristiani. Mettendo da parte l’immagine sacra, infallibile e inviolabile del papa».
Il monsignore un po' adirato: «Ma se parla sempre male dei preti! Anche pubblicamente. Li offende sempre. Cosa pensa di fare così?».
Ed io: «Veramente Papa Francesco ama sempre ripetere che il buon pastore non è quello che passa il tempo a “pettinare la pecora grassa”, ma quello “che puzza di pecora”.
Lui detesta preti e vescovi quando vivono nell’agio, gestiscono il potere con spregiudicatezza, sono distanti dai bisogni della gente comune».
Il monsignore: «Lo ripeto: Francesco, così facendo, sta banalizzando il papato, con il rischio che crolli l’impalcatura che da secoli lo mantiene forte e invincibile. Perdendo il suo primato».
Io: «No monsignore, il papato era già distrutto quando avete chiamato a Roma Bergoglio. Non dimentichiamo che Benedetto XVI, un finissimo teologo e grande intellettuale, quando si è accorto di non poter più guidare la nave che stava affondando, si è addirittura dimesso, se ne andato in silenzio. Ma già tempo prima disse qualcosa molto pesante: “Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano”. Ecco la Chiesa che ha ereditato Francesco».
E lui: «Sai che c’è Franco? E te lo dico chiaramente: siamo preoccupati perché il Papa adesso non è più il Papa».
Gli replico: «Ah! Questo è molto grave, monsignore, perché sta sostenendo la tesi della destra cattolica, tradizionalista e reazionaria che detesta e combatte Francesco. Fino ad arrivare a dire che il papa in carica è Benedetto XVI, non Francesco».
Il monsignore: «No, no, non dico questo io. Solo che è necessario riportare il papa sulla cattedra, restituendo dignità e prestigio al papato».
Ed io: «No monsignore, il prestigio e la dignità sono ben altra cosa, e Francesco in questo sta facendo una giusta battaglia. Lui vuole una chiesa umile. Non appena eletto ebbe subito a dire: “Perché mi chiamo Francesco? Perché San Francesco ha incarnato la povertà. Io voglio una Chiesa povera per i poveri”».
Dopo circa mezz’ora decidiamo di interrompere la conversazione. Tanto anche se ci stimiamo, io e il monsignore non andremo mai d’accordo su questi argomenti. «È tardi monsignore. Magari andiamo a vedere il festival di Sanremo?».
Lui: «Per carità. Magari l’hanno prossimo invitano anche il papa. Per carità!».


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