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«Non mi candido. Così tengo unita l’alleanza Ursula» – intervista a David Sassoli del Corriere della Sera

15 Dicembre 2021


«Rinuncio alla ricandidatura, mi sacrifico per la maggioranza Ursula» Il presidente dell`Europarlamento, socialista: cerchiamo di proseguire l`alternanza con il Ppe


di Paolo Valentino


David Sassoli non si ricandiderà alla guida del Parlamento europeo. Il presidente socialista dell`Assemblea di Strasburgo annuncia e spiega la sua decisione in questa intervista esclusiva al Corriere.

Perché non sarà candidato alla presidenza?
«Perché non voglio dividere la maggioranza europeista. Il mio mandato scadrà il i8 gennaio. Mi sento invece molto impegnato a rafforzare una coalizione che con popolari, liberali e noi socialisti ha consentito di ottenere risultati straordinari rispetto a una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti. La risposta è stata il Next generation Eu, il Green Deal, la difesa dello Stato di diritto, un bilancio pluriennale ambizioso. Nella seconda parte della legislatura servirà continuare questo lavoro. Per farlo bisogna unire e non dividere la maggioranza in Parlamento. Prima vengono le istituzioni».

Questo significa che il gruppo socialista intende rispettare i patti e quindi eleggerete un popolare alla presidenza del Parlamento?
«Non corriamo troppo. Le conclusioni del negoziato ci diranno se vi sono le condizioni per un accordo fra le tre forze della maggioranza, considerato che i Verdi vogliono avere le mani libere».

Ma c`è già una candidatura del Partito popolare europeo.
«Sì. Ma la discussione su contenuti e assetti deve venire prima. E noi vogliamo rivendicare la centralità del gruppo dei Socialisti e Democratici nella risposta alla crisi. E nessuno può negare che oggi socialisti rappresentino il vento nuovo di questa stagione politica».

Se i Popolari avranno anche la presidenza del Parlamento, ai vertici delle istituzioni Ue socialista sarà solo l`Alto Rappresentante per la Politica estera, Bonen.
«Questo è di certo un problema. Se non c`è rispetto, tuttavia, non c`è alleanza. Nessuno deve sentirsi marginalizzato. Vede, noi socialisti abbiamo la possibilità di vincere le prossime elezioni europee, ma non vogliamo che ciò avvenga a scapito delle altre forze europeiste. Ci aspettiamo da popolari e liberali reciprocità».

La trattativa riguarderà anche la riforma del Patto di Stabilità e Crescita?
«Non c`è dubbio, su questo vogliamo parole chiare. Indietro non si torna e la maggioranza deve dire che la stagione del rigore è definitivamente chiusa. Un anno fa avevo invitato a iniziare a lavorare sul debito. Mi attirai tante polemiche. Ma ora tutti sembrano aver capito che questa è la grande partita per non lasciare alle future generazioni il peso di un fallimento e accompagnare la transizione. Abbiamo fatto debito comune ed è stato un successo. Sono accadute tante cose inedite. E vogliamo che altre si aggiungano, come lo scorporo degli investimenti verdi dal calcolo del deficit. Questo vale anche per l`aggiornamento dei parametri del Patto di stabilità. Non sarà facile, ma è una battaglia che deve impegnarci tutti se vogliamo che questa crisi non aumenti le disuguaglianze».

Lei ha ricordato il momento favorevole per la sinistra in Europa: Germania, Danimarca, Svezia, Penisola iberica, Italia. Quali sono gli elementi che accomunano i progressisti europei?
«Penso che ci sia un grande bisogno di giustizia sociale in Europa. La risposta comune al Covid porta il segno dei progressisti europei e dimostra che abbiamo perso dieci anni intorno a parole come austerità e rigore che non hanno aiutato nessuno e mortificato le persone. In questi due anni abbiamo invece dimostrato che si poteva fare debito comune, stanziare soldi per la crescita, dare dignità ai servizi pubblici, rafforzare il pilastro sociale dell`Ue. Questa voglia di giustizia conta ed è uno dei motivi dell`onda progressista che sta modificando il volto politico dell`Europa».

Qual è il bilancio della sua presidenza?
«Ho cercato di rafforzare la centralità del Parlamento. Sono stati due anni e mezzo molto difficili ma il protagonismo del Parlamento si è fatto sentire in ogni passaggio. Abbiamo tenuto aperta la Casa della democrazia europea con strumenti nuovi, come la partecipazione e il voto a distanza, permettendo all`Unione di tornare a sintonizzarsi con i cittadini. Abbiamo lanciato la Conferenza sul futuro dell`Europa per far funzionare meglio la democrazia. Adottando il bilancio pluriennale e lo strumento di ripresa ci siamo assicurati che i soldi non finiscano a chi viola i principi dello Stato di diritto. Ho lavorato molto con i Paesi dei Balcani occidentali. Non possiamo deluderli: il loro destino è entrare nell`Unione».

Un rammarico?
«Non siamo riusciti a fare un vero passo in avanti verso una politica comune su immigrazione e asilo. Anche in queste ore si continua a morire di freddo e stenti alle nostre frontiere. L`egoismo di alcuni governi indebolisce l`Ue. Le parole di papa Francesco in Grecia sono state una boccata d`ossigeno. Voglio rassicurarlo però che in Europa non siamo tutti uguali. Se non c`è rispetto della vita non esiste l`Europa. E questo è il momento di passare dall`odio alla solidarietà responsabile».

Cosa è necessario adesso?
«In Europa non dobbiamo fermarci perché non possiamo perdere l`occasione di trasformare il nostro Continente. Nei singoli Stati, i governi devono spendere bene i fondi per la ripresa».

E in Italia?
«Il nostro Paese ha di fronte l`occasione per cambiare e modernizzarsi. Per fare questo servono stabilità e risultati. Con l`Italia può ripartire l`Europa e il Paese è chiamato ad alimentare fiducia».


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