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Pinotti: “Questa deve essere la stagione dell’Ulivo 2.0” - Intervista de la Repubblica Genova

06 Ottobre 2021



I sovranismi arretrano. il Pd ora torni baricentro - intervista a Roberta Pinotti de Il Secolo XIX e de la Repubblica Genova in Pdf


di Matteo Macor

È «una bella giornata», dice Roberta Pinotti nel day alter del voto amministrativo. La senatrice genovese del Pd commenta i dati elettorali «anche sorprendenti, ma chiari» da Roma, dove è volata per partecipare ai lavori della Commissione Difesa, e ammette: «Savona può essere un modello per le prossime sfide».

Di sicuro il Pd pare resuscitato, dopo aver toccato il fondo. Ma cosa dicono, a sinistra, queste elezioni?

«Posto che si tratta di un primo tempo, e che ci sono ancora ballottaggi fondamentali, da Roma alla Liguria, i risultati del voto dicono che il Pd c`è, e sa ancora fare da punto di riferimento di uno schieramento. Anche in Germania quello che veniva dato per superato, senza più niente da dire, si è rivelato primo partito, il più adatto a meritarsi la fiducia dei cittadini».

Ha vinto un certo tipo di proposta moderata, hanno perso i partiti sovranisti. Sta tutto qua, il senso di questa tornata?

«No, il senso è che ha vinto un certo tipo di riformismo anche radicale nel saper tenere un’identità forte. I Socialdemocratici tedeschi sono un buon esempio, Scholz era ministro delle Finanze della Merkel eppure ha portato avanti proposte radicali, penso a quella sul salario minimo. Oggi come non mai non c’è bisogno di estremismi, quello sì, ma servono anche partiti capaci di fare da forze di governo e insieme profondamente connotati. Il Pd ha un suo programma preciso in tema di lavoro, sociale, diritti civili, un percorso che gli elettori hanno compreso e voluto premiare. A dividere centrosinistra e centrodestra, piuttosto, è altro».

Ovvero?

«Il Covid. La pandemia ha portato ad un’agenda politica diversa, e i cittadini a chiedere una certa qualità della politica. Da una parte sono arrivate posizioni serie, dall`altra slogan urlati, occhiolini a no mask e no pass. I problemi delle persone sono seri, la gente è preoccupata e per certi versi lo dimostra il dato così negativo dell’affluenza. Mai come in questa stagione c’è richiesta di guide che prendano per mano le comunità e risolvano problemi. Marco Russo, a Savona, è l’esempio perfetto di chi, con forza tranquilla, dimostra di sapersi prendere a cuore una città».

Cosa racconta la sconfitta del centrodestra, in una regione come la Liguria di Giovanni Toti?

«Che in politica contano ancora la coerenza e l’unità. Il centrodestra ha proposto un’unità di facciata, c’erano tensioni tra Lega e Fdi a livello nazionale, ci sono tensioni tra Cambiamo e Lega in Liguria, che poi sono il motivo della scelta sbagliata dei candidati. E soprattutto, a destra vediamo uno insieme all’altro chi si fa (fortunatamente) paladino delle vaccinazioni e del Green Pass, come Toti, e chi fa l’occhiolino ai no vax».

Nel centrosinistra ligure, dopo il voto di Savona, si può invertire la rotta? E come, dopo tante sconfitte?

«Tornando a cucire, invece che strappare. Dopo la stagione del partitismo, si è capito che la strada giusta è quella dell`unità larga, della coalizione basata su programmi, idee, nomi condivisi. Dei tempi dell’Ulivo mi ricordo una grande presa di coscienza collettiva di valori condivisi, questa deve essere la stagione dell’Ulivo 2.0, in cui il Pd si candida a fare da collante tra forze diverse capaci di condividere idee, valori, contenuti e da lì declinarle in programmi».

Il modello è fatto, ora si tratta di replicarlo. Genova è tornata contendibile?

«Di Genova, e La Spezia, si dovrà parlare dopo il ballottaggio di Savona, dove bisogna tornare a votare. Certo, il risultato di Russo al primo turno ha dato un’indicazione netta su come ci si dovrà avvicinare alle prossime elezioni, senza gli errori fatti alle ultime Regionali. Partendo per tempo, con un percorso di condivisione, insistendo su una propria identità».

Tanto dipenderà anche dal rapporto con il M5s. Che fare, per non perdere quello che si è investito sul matrimonio giallorosso?

«Enrico Letta è stato chiaro da subito, va costruito un centrosinistra il più possibile aperto al M5s. A livello nazionale, e di riflesso sui territori. Le intenzioni di Giuseppe Conte in questo senso sembrano andare nella stessa direzione, ma è vero che ci si sposa sempre in due, e ogni passaggio, soprattutto in politica, ha bisogno del proprio periodo di decantazione».


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