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Quando una vita dignitosa è impossibile, meglio una dignitosa morte. Sull’eutanasia e sull’urgenza di una normativa - di Nicola Corea*

13 Settembre 2021



Rinunciare ai brevetti sui vaccini unica strada per superare la pandemia - di Nicola Corea*

Da ormai trentasette anni, e cioè da quanto nel 1984 fu presentata la prima proposta di legge di iniziativa popolare, si discute di fine vita. Siamo ancora alla ricerca di una soluzione condivisa.

Oggi questa situazione potrebbe cambiare. Attraverso il referendum a favore dell’eutanasia legale che si sta promuovendo, oppure grazie alla proposta di legge parlamentare recante “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”.

Tra il referendum e la proposta di legge esistono differenze rilevanti. Dal momento che in Italia i referendum possono solo essere abrogativi, lo scopo del referendum per l’eutanasia legale è per ora solo quello di abrogare quegli articoli di legge che puniscono chi pratica l’eutanasia, anche se tale pratica avviene su esplicita e libera richiesta di una persona malata che chiede solo di non soffrire più. In ogni caso, anche se passasse il referendum, sarebbe comunque necessaria una legge per regolamentare con maggiore precisione la questione.

La proposta di legge, invece, è più articolata, anche se, in alcuni punti ha suscitato qualche perplessità. Per esempio, perché limita il ricorso all’eutanasia solo per chi è tenuto “in vita da trattamenti di sostegno vitale o dipendente da trattamenti farmacologici o dipendente totalmente dall’assistenza da terzi”. Secondo alcuni, questa dicitura escluderebbe – ad esempio - i malati oncologici, i quali potrebbero non rientrare in nessuna di queste fattispecie.

Il tema è estremamente delicato, per cui occorrono condizioni essenziali ed irrinunciabili affinché l’eutanasia possa essere legalizzata.

Innanzitutto il paziente, in fase terminale, affetto da una patologia caratterizzata da sofferenza fisica insopportabile ed incurabile, deve essere capace di intendere e di volere e in condizioni di esprimere la propria esplicita, univoca, autonoma e reiterata volontà. La valutazione di tale capacità deve essere operata da un medico indipendente. Inoltre, la scelta del paziente deve essere basata su informazioni sanitarie complete, chiare e comprensibili. Lo stesso deve essere informato sulle possibili strategie alternative e in particolare su quelle palliative.

La volontà di accedere all’eutanasia, poi, deve essere revocabile in ogni momento e con modalità semplici ed immediate. E’ indispensabile, altresì, il controllo di un organo terzo ed indipendente.

Il rischio peggiore è che la discussione venga di nuovo posticipata. Il problema è che le sofferenze dei malati non possono aspettare un tempo tanto lungo. In questi casi, rinviare sine die non è un’opzione neutra, perché significa concretamente opporsi al riconoscimento di un diritto all’autodeterminazione delle persone in condizioni di grave sofferenza. Inoltre, non si tratta di obbligare nessuno a scegliere l’eutanasia contro il suo consenso, ma solo di aggiungere delle libertà a chi, invece, preferirebbe autodeterminarsi in questo senso. Ecco perché serve subito una legge.

 

* Avvocato – Foro di Catanzaro


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