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Situazione drammatica nelle carceri italiane. Occorrono interventi urgenti - di Nicola Corea

22 Luglio 2021




Ddl Zan: analisi giuridica di un provvedimento necessario - di Nicola Corea Avvocato

Secondo gli ultimi dati del Ministero della Giustizia, al 22 novembre 2020 erano 53.723 le persone effettivamente presenti in carcere, a fronte di una capienza regolamentare di 50.553 posti, ai quali vanno sottratti più di 3.000 posti non disponibili.

Il tasso di affollamento ufficiale è ancora pari al 106,2% e sale al 115% se consideriamo i reparti chiusi che riguardano circa 4.000 posti. Il sovraffollamento non è distribuito in maniera uniforme. A Taranto abbiamo 603 detenuti per 307 posti (un affollamento di quasi il 200%), a Brescia 357 detenuti per 186 posti (191,9%), a Lodi 83 detenuti per 45 posti (184,4%), a Lucca 113 detenuti per 62 posti (182,3%).

In calo, invece, la popolazione detenuta straniera. Gli stranieri sono generalmente autori di reati meno gravi rispetto a quelli degli italiani, ma tuttavia subiscono maggiormente la custodia cautelare. I condannati con sentenza definitiva sono infatti il 69,1% dei detenuti italiani e il 65,3% degli stranieri.

Sono le regioni più povere quelle da cui proviene la maggior parte dei detenuti, prima tra tutte la Calabria, seguita da Campania, Sicilia e Puglia. Negli ultimi 15 anni vi è stata una crescita della durata delle pene inflitte (sono solo 985 oggi le persone condannate a meno di un anno di carcere, mentre erano 3.356 nel 2005), nonostante siano in diminuzione i reati più gravi. L’omicidio volontario è ai minimi storici, essendo sceso sotto le 300 unità in un anno. Man mano che cresce la lunghezza della pena inflitta diminuisce la percentuale dei detenuti stranieri, segno del minore spessore criminale.

Di carcere si può anche morire. Lo confermano i dati dei suicidi negli istituti di pena italiani. Al 31 dicembre 2020 sono 61 i detenuti che si sono tolti la vita in carcere secondo il Dap. Un dato che torna a salire nonostante il forte e repentino calo della popolazione detenuta e che, con quello del 2018, rappresenta il dato più alto dal 2002 ad oggi, anche se non il più alto in assoluto. Nel 2001, infatti, ci sono stati ben 69 suicidi negli istituti di pena italiani e nel 1993 si registrarono ancora una volta 61 suicidi.

Aumentano i costi. Il bilancio del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è cresciuto del 18,2%, passando da 2,6 a 3,1 miliardi di euro: una cifra record negli ultimi 14 anni, che rappresenta il 35% del bilancio del ministero della Giustizia. A frequentare la scuola è solo un detenuto su tre, nonostante solo circa uno su dieci sia in possesso di un diploma. A lavorare è circa un detenuto su quattro, quasi tutti alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria impegnati in servizi domestici interni all’istituto.

Nel 22,7% degli istituti non sono garantiti i 3 metri quadri minimi a persona imposti dagli standard internazionali. Nel 15,9% non vi è un medico per tutte e 24 le ore. Nel 9,1% delle carceri il riscaldamento non è garantito in tutte le celle, nel 29,5% non c’è l’acqua calda, nel 47,7% non c’è la doccia in cella, nel 38,6% si trovano schermature alle finestre delle celle che non favoriscono l’ingresso di luce naturale. Nel 79,5% delle carceri non c’è uno spazio di culto per detenuti non cattolici e nel 25% dei casi non vi è un ministro di culto non cattolico. Nel 15,9% delle sezioni non vi sono spazi per la socialità. Nel 36,4% dei casi non è previsto l’accesso settimanale alla palestra o al campo sportivo. La presenza media settimanale degli psichiatri per 100 detenuti è 8,97 ed è di 16,56 la presenza media degli psicologi.

Alla luce della situazione, è urgente l’adozione di soluzioni adeguate. E’ urgente la riduzione dell’affollamento e delle presenze numeriche in carcere, attraverso l’introduzione di misure alternative che proteggano soprattutto le persone vulnerabili e con problemi sanitari.


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