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Sassoli su Healthcare Policy: la forza dell’Unione per una politica sanitaria europea

24 Maggio 2021

Editoriale per il primo numero della rivista: “se c’è una lezione che abbiamo potuto imparare è il senso della nostra interdipendenza”- da HuffPost

Tratto dall’editoriale del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, sul primo numero della rivista Healthcare Policy

 

Per l’Unione europea e per il mondo, la drammatica crisi provocata dalla pandemia è stato un vero e proprio spartiacque, un evento devastante quanto inatteso. Il Covid-19 non ha risparmiato nessuno. In poco tempo questa esperienza, che ha messo in seria difficoltà i nostri sistemi sociali e sanitari, ha aumentato le disuguaglianze e soprattutto ha aggravato le condizioni delle persone più fragili e vulnerabili. Affrontare questa emergenza non è stato facile per nessuno. Tuttavia se c’è una lezione che abbiamo potuto imparare in questi mesi così difficili è il senso della nostra interdipendenza, perché abbiamo visto che nessuno può farcela da solo. Questo virus ci ha mostrato che alcune decisioni sulla salute, sulla ricerca, sui vaccini, sull’approvvigionamento di materiale medico o sulla prevenzione non possono essere governate singolarmente dai nostri Paesi, ma richiedono un approccio comune.

Tutto ciò ci ha consentito – per esempio – di evitare la concorrenza tra i Paesi europei e di impedire che Paesi ricchi si accaparrassero la maggior parte dei vaccini. Certamente ci sono state delle difficoltà, tuttavia questo metodo ci ha permesso non solo di acquisire vaccini e di distribuirli in modo equo, ma anche di monitorare, indagare e sanzionare ogni tentativo di frode ai danni degli Stati membri. In questo momento è prioritario accelerare con la campagna di vaccinazione e mettere in sicurezza i cittadini, specialmente quelli più fragili e vulnerabili. Ovviamente le case farmaceutiche dovrebbero onorare i loro obblighi contrattuali, ma dovremmo anche continuare ad agevolare tutte le soluzioni pratiche di concessione di licenze che permettano di accelerare la vaccinazione su grande scala dei cittadini. Per aumentare in tempi rapidi la produzione è essenziale affrontare le carenze e le strozzature nella catena di approvvigionamento.

La nostra ripresa economica sarà più forte se la diffusione dei vaccini sarà maggiore e, al tempo stesso, sono convinto che la risposta alla crisi richieda più democrazia, ma anche più trasparenza e accesso alla salute pubblica. Siamo chiamati a costruire una politica europea della salute perché questa crisi ha de facto conferito all’Unione nuove competenze che prima non aveva. Non si tratta solo di codificare sul piano normativo l’intera materia, ma anche di definire nuovi strumenti e nuove competenze in grado di rispondere in modo efficace alle sfide del domani. Nessuno deve sentirsi escluso, perché la salute, come esperienza di benessere individuale e collettivo, richiede un maggiore coordinamento dei nostri sistemi sanitari, una migliore sorveglianza sul controllo delle malattie e, al tempo stesso, più investimenti in tecnologie e in standard di sicurezza. Una nuova politica europea della salute, oltre a investire in sistemi sanitari solidi e sostenere la formazione del personale sanitario a livello europeo, dovrebbe focalizzarsi sul tema della prevenzione, sulla qualità della cura e sul benessere sociale. Sono fortemente convinto, infatti, che la salute e il benessere della persona non si esauriscano con il solo ricorso alla medicina, ma con la cura della persona all’interno della comunità. In altre parole, abbiamo bisogno del contributo di tutti, di ricostruire una trama di relazioni tra le persone, tra le comunità, tra le istituzioni, ma anche di definire nuove regole per il mondo globale. Abbiamo una grande responsabilità davanti a noi e dobbiamo essere all’altezza delle aspettative dei cittadini con risposte che siano concrete e immediate. Per queste ragioni penso che sia molto importante incoraggiare modelli collaboratori con i cittadini e stimolare forme innovative di welfare, specialmente nel campo della salute. La pandemia, quindi, non è una parentesi, ma un forte invito a proiettarci nel futuro, a progettare un’Europa più giusta che possa restituire centralità alla persona.

 


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