Con questo intervento, Piero Fassino, presidente della commissione Affari esteri della Camera dei deputati, comincia la sua collaborazione con i quotidiani del Gruppo Sae (Il Tirreno, Gazzetta di Reggio, Gazzetta di Modena e la Nuova Ferrara). Firmerà questa rubrica periodica (Atlante) dedicata ai temi di politica internazionale.
Decolla oggi, 9 maggio, la “Conferenza sul futuro dell’Europa” che, snodandosi da qui alla primavera 2022, è chiamata a delineare cosa deve essere l’Unione Europea in questo secolo. Anche se qualcuno ha sollevato il dubbio di un obiettivo troppo ambizioso, in realtà proprio di ambizione c’è bisogno.
A ciò si aggiunga un deficit di relazione con i cittadini che spesso hanno percepito l'Unione come un gigante tecnocratico mentre avrebbe dovuto essere percepita come una potenza democratica.
Eppure proprio questa vulnerabilità ci porta a dire, ora più che mai, che l'unione fa la forza e che solo un’Europa unita e coesa ce la può fare in un "mondo grande e terribile". Proprio Covid19 lo ha dimostrato: di fronte a una pandemia che ha messo in ginocchio la vita quotidiana di milioni di persone, l’Unione europea è stata capace di mettere in campo un impegno finanziario straordinario – duemila miliardi di euro – per sostenere investimenti, restituire lavoro, riorganizzare protezioni sociali, promuovere green economy e digitalizzazione, investire in ricerca e formazione. Un programma ambizioso che richiede un livello più alto di integrazione.
La Conferenza è chiamata perciò a individuare le riforme necessarie a una “terza fase” della sua vita. Dopo l’Europa dei Trattati costitutivi del ’57 dedicata alla costruzione dell’edificio europeo; dopo l’Europa del Trattato di Maastricht, dell’adozione dell’euro e dell’unificazione del continente con mercato unico, Schengen e allargamento a est; oggi – ha detto la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen – serve un «nuovo inizio» che renda l’Unione una realtà più unita e coesa.
La Ue vive infatti un paradosso. è la realtà nel mondo più integrata, ma allo stesso tempo i suoi livelli di integrazione non sono completati: abbiamo mercato unico e moneta unica, ma non abbiamo ancora politiche fiscali comuni, né regole comuni per investimenti e mercato del lavoro; abbiamo la libera circolazione Schengen, ma non abbiamo ancora una cittadinanza europea; siamo l’area del mondo con in più avanzati sistemi di protezione sociale che tuttavia – lo si è visto con il Covid – continuano a essere nazionali; la Ue si è data una politica estera comune e anche un ministro degli Esteri europeo – l’Alto Rappresentante – che però deve fare tutti i giorni i conti con la tendenza degli Stati a privilegiare le loro politiche estere. E non c’è sfida significativa – dal climate change alle migrazioni, dalla regolazione dei mercati alla lotta alle pandemie - che possa essere affrontata da ogni paese europeo da solo.
Ma non è solo l’Europa a dover ridisegnare il suo futuro. Prima un decennio di crisi economica, poi Covid19 impongono al mondo intero un radicale cambio di paradigma: sviluppo sostenibile, qualità ambientale e sociale, trasformazione digitale, centralità del sapere e della conoscenza. E un mondo capace di riconoscere il valore della convivenza, del pluralismo culturale e religioso, dell’universalità dei diritti umani e civili.
L’Europa – che ha il cuore della sua identità in quello stato sociale che ha dato qualità progressiva alla democrazia e regole al mercato – ha le risorse umane e materiali per essere l’avanguardia di questo processo, riscrivendo un nuovo contratto sociale europeo che sia pilastro di un’Europa unita. Un obiettivo da perseguire coinvolgendo opinioni pubbliche e società civili per cambiare l'Europa con i cittadini e non solo con i Trattati.