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Dal Covid nessuno si salva da solo - lettera di Patrizia Toia al Corriere della Sera

06 Aprile 2021

L’obiettivo è l’Accordo globale ma senza la Ue ci sarebbero Paesi in guerra tra loro per accaparrarsi una dose in più

Dal Covid nessuno si salva da solo

Caro direttore, vaccinazione di tutti gli europei e accesso universale al vaccino sono due capitoli dello stesso libro, non letture opposte. Dobbiamo garantire, anche con mezzi straordinari, la vaccinazione di massa in Europa e, insieme, costruire un Accordo Globale, con l’Ue e l’Italia del G20, perché questo bene sia accessibile a tutti. Due capitoli di un libro che si chiama «salvezza», perché la lezione è chiara: nessuno si salva da solo, né gli Stati nazionali né le potenze mondiali né le multinazionali, se non c’è cooperazione. Sarà dura da accettare, ma è così. A Pasqua anche il Pontefice ha ricordato che serve «un internazionalismo dei vaccini».

I primi passi li ha fatti l’Europa, pur priva di poteri nella sanità di emergenza, con la ricerca sul vaccino e gli Accordi preliminari di acquisto di dosi da distribuire in base al numero degli abitanti. Senza l’Europa oggi saremmo nel disastro: Paesi in guerra tra loro per accaparrarsi il prodotto, prezzi sempre più alti e neanche una dose in più. Altro che »fallimento dell’Europa»! Ci vuole però, trasparenza completa e ferma intransigenza sul rispetto dei contratti. È mancata, invece, una tempestiva, immediata azione di politica industriale concreta per avere una produzione di vaccini adeguata e per rilanciare un settore vitale anche per il futuro, perché le pandemie rimarranno.

È emersa in questo frangente l’insufficienza dei poteri europei, rispetto, ad esempio, al modello federale degli Stati Uniti. Non si può paragonare l’azione di un governo di Stato federale come gli Usa, che ha disposizione un bilancio di oltre il 20% del Pil, con quella dell’Unione Europea, che non ha poteri sulla sanità, ha un bilancio di appena l’1% del Pil e ad oggi ha una politica industriale ancora appannaggio degli Stati membri. Negli Usa inoltre vi è una prassi di collaborazione tra il potere federale e il mondo produttivo, che vede, da un lato, ingenti investimenti pubblici diretti nei settori e nelle aziende strategiche e, dall’altro, una possibilità di orientare la ricerca, di usarne i risultati e anche un «interventismo» dei poteri pubblici di guida e di direzione più forte ed efficace. Si pensi ad esempio che, nel campo della lotta al Covid-19, di fronte alla necessità di aumentare la produzione di vaccini il governo americano ha «ottenuto» che Johnson & Johnson facesse produrre, su sua licenza al suo più grande concorrente. Insomma, una specie di «licenza obbligatoria» anche se formalmente su base volontaria.

Oggi in Europa il punto focale è moltiplicare la capacità produttiva: attivare vecchi e nuovi siti, rafforzare le catene produttive, le filiere di approvvigionamento e le tecnologie attraverso un partenariato pubblico e privato, sia scientifico che imprenditoriale, incoraggiando la responsabilità sociale e il contributo delle imprese a una sfida epocale. Questa politica industriale, ora in corso a livello europeo, in Francia, in Germania e finalmente anche in Italia è fondamentale, ma deve anche affrontare il tema dei brevetti e della proprietà intellettuale, del loro valore e dei loro limiti. Se non sarà sufficiente e rapida l’azione di accordi volontari e di concessioni di licenze, bisognerà avere pronta la via giuridica ad altre soluzioni più imperative come la sospensione temporanea dei brevetti e le licenze in deroga. Sono vie percorribili in circostanze straordinarie, quando in gioco c’è il diritto alla salute e la vita delle persone.

Non è un’azione contro l’impresa, sia ben chiaro, anzi, è una chiamata alla responsabilità per la classe politica e per il mondo produttivo, ciascuno di fronte a obblighi straordinari per tempi straordinari. Ci saranno garanzie per tutele, ritorni di profitti e royalties. Ma la priorità oggi è la salute. È una sfida a lungo termine per una collaborazione nuova per il «vaccino bene comune» che interpella tutti. In chiave di geopolitica è il momento in cui l’Europa deve giocare il suo ruolo. Bloccare le esportazioni delle aziende che non rispettano i contratti è più che giusto e bene ha fatto il premier Mario Draghi. Ora bisogna costruire un sistema di cooperazione internazionale, a partire dagli Usa, e rilanciare il multilateralismo.

L’idea di salvarsi senza i Paesi più deboli, quelli che non hanno brevetti e catene di produzione dei vaccini, è lontano dalle radici culturali italiane ed europee, e è anche una scelta controproducente, visto che i virus, non si fermano alle frontiere e tornano con nuove varianti. Isolarci come europei sarebbe dannoso anche in termini di influenza, mentre diverse potenze cercano di attrarre nella propria sfera i Paesi più poveri in cambio di dosi. La sfida tra Unione Europea, Cina, Usa o Russia non è a chi pianta più bandierine sulla cartina. La vera sfida è tra il sovranismo e il multilateralismo, tra un mondo dove vige la legge del più forte e un mondo governato da regole condivise e dal principio della solidarietà. L’Ue non è la parte vecchia del pianeta in procinto di essere scavalcata dall’Asia, ma l’esempio più avanzato di cooperazione e integrazione sovranazionale, di difesa della democrazia e dei diritti.

Vicepresidente della Commissione per l’Industria,
la Ricerca 
l’Energia al Parlamento Ue


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