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Intervento di Franco Mirabelli alla Festa PD del Municipio 7 di Milano

11 Settembre 2020


"Questa Festa è un’occasione perché ci siamo confrontati spesso durante il lockdown sulle piattaforme online, però credo che abbiamo bisogno anche di guardarci in faccia mentre ci diciamo le cose e abbiamo bisogno anche di raccontare le cose perché, se stiamo al racconto dei giornali e di chi fa politica dalle testate giornalistiche anziché raccontare i fatti (purtroppo è un vezzo italiano), rischiamo di non capirci niente. Penso che dobbiamo ripartire da un anno fa per riuscire a capire, a dare un giudizio e a trovare le ragioni e l’orgoglio che il Partito Democratico deve avere per le cose che abbiamo fatto in quest’anno e per le cose che stiamo facendo.Un anno fa abbiamo fatt o una scelta molto difficile. Abbiamo scelto di dare vita a un nuovo Governo anche per impedire alla destra di andare a elezioni e vincerle e portare poi l’Italia fuori dall’Europa e su una deriva pericolosa per il Paese e per gli italiani. Abbiamo fatto la scelta di metterci a disposizione di un progetto, che vedeva anche l’alleanza con soggetti diversi da noi, con cui avevamo combattuto in questi anni. Questo perché abbiamo scelto un elemento identitario del PD: non siamo quelli che vogliono testimoniare i nostri valori ma siamo quelli che vogliono lavorare perché questo Paese e la vita dei cittadini vada meglio. Vogliamo creare le condizioni per fare in modo che questo Paese cresca e abbia un futuro. Questa è la scelta che abbiamo fatto. Diamo per scontate troppe cose. Abbiamo idea di come sarebbe il Paese se avessimo fatto una scelta diversa? Come sarebbe stata affrontata la pandemia nel Paese se noi avessimo fatto una scelta diversa? Io credo che dobbiamo essere orgogliosi di come questo Paese ha affrontato la pandemia. Credo che dobbiamo essere orgogliosi di essere il Paese citato da tutti come un esempio e un modello rispetto a come si è affrontata la pandemia. Guardando i dati drammatici della disoccupazione di oggi, ci accorgiamo che siamo anche quelli che siamo stati capaci di intervenire prima per fare in modo che la crisi non fosse pagata dalle persone e per stare vicini alle persone. I dati della disoccupazione dicono che i tanto criticati provvedimenti sulla cassa integrazione e i bonus hanno fatto sì che i lavoratori di questo Paese oggi stiamo meglio dei lavoratori di altri Paesi europei colpiti dalla crisi. Abbiamo fatto un grande lavoro di cui credo che dobbiamo essere orgogliosi. L’altra questione di cui si discute è l’idea di esser stati subalterni al Movimento Cinque Stelle. Ricordiamo com’era il Movimento Cinque Stelle un anno fa. Pensiamo che M5S un anno fa avrebbe potuto andare in Europa, magari con Salvini, a chiedere il Recovery Fund o ottenere il Commissario Europeo all’Economia o il Presidente del Parlamento Europeo? Non ci sarebbero riusciti perché l’Italia non sarebbe stata cedibile se, grazie anche al PD, M5S non avesse cambiato idea sull’Europa, che per noi è un elemento fondamentale. Non c’è soluzione ai problemi del nostro Paese e non c’è soluzione ai problemi del Continente se non c’è l’Unione Europea, se non si cambia l’Europa. E abbiamo cambiato l’Europa. È un dato di fatto che l’Europa, finalmente, da una squadra di burocrati che si occupavano solo di far rispettare regole (per lo più percepite come assurde) sia passata ad essere un soggetto e un’istituzione che ha iniziato a occuparsi davvero della vita dei cittadini, finanziando la cassa integrazione, le riforme sulla sanità, mettendo 205 miliardi tra prestiti agevolati e risorse a fondo perduto per aiutare la ripresa dell’Italia e di tutti i Paesi dell’Unione. Questo è stato possibile anche grazie a noi; grazie al Governo italiano; grazie anche al fatto che M5S ha cambiato linea: altro che subalternità del PD! Noi siamo andati al Governo dicendo che la prima cosa che avremmo fatto sarebbe stato il cominciare a tagliare le tasse sul lavoro e lo abbiamo fatto. Il 31 luglio, 16 milioni di lavoratori dipendenti hanno avuto più soldi in busta paga perché abbiamo tagliato il cuneo fiscale. Governiamo con una forza politica che in Parlamento è molto più grande di noi, che è diversa da noi. Alcuni passaggi vanno costruiti con i tempi necessari però francamente credo che sia sbagliata la lettura di un PD, che pur di stare seduto sulle poltrone, accetta tutto. Noi stiamo lavorando per il Paese e stiamo ottenendo risultati per il Paese. Oggi, la discussione che si apre sul futuro è decisiva. Abbiamo cominciato credo positivamente. Anche sul Decreto Semplificazioni, se non ci fosse stato il PD, penso che il tema della difficoltà di mettere i soldi a terra, di fare gli appalti e della burocrazia si sarebbe risolto, come dicono Salvini e il centrodestra, togliendo tutte le regole. L’idea di Salvini era che si fanno ripartire i cantieri se si cancellano il Codice Antimafia e il Codice degli Appalti, mentre invece siamo riusciti a fare un’ottima legge che velocizzerà gli appalti e l’edilizia (anche grazie al superbonus del 110% per le ristrutturazioni), che digitalizzerà la Pubblica Amministrazione e renderà più semplice il rapporto tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione; le imprese e i cittadini potranno accedere alle certificazioni in maniera molto più facile, senza code agli sportelli. Ora, il punto è decidere come spendere le risorse che arriveranno dall’Europa. Dobbiamo resistere alla tentazione di pensare a come ciascuno voglia spendere la propria parte perché il Recovery Fund deve servire a progettare un Paese diverso, che non potrà essere uguale a quello di oggi. Con il Decreto Semplificazioni, ad esempio, abbiamo iniziato a modificare le regole del Codice della Strada per consentire una mobilità diversa all’interno delle città, per evitare che la paura del covid e la riduzione dei posti disponibili sui mezzi pubblici, riporti tutto alle auto private e di conseguenza faccia alzare i livelli di inquinamento e di traffico. Abbiamo fatto, quindi, una serie di cose pensando a come riorganizzare la mobilità nelle città. Parlando di Milano, una cosa che Beppe Sala ha visto subito è che lo smart working è una grande innovazione ma va regolamentato per garantire i diritti di tutti. La transizione verso lo smart working, però, avrà l’effetto che ha avuto la chiusura delle grandi fabbriche e cambierà l’aspetto delle città. Le città, costruite intorno agli uffici dove la gente va a lavorare e quando esce trova il ristorante e il bar, cambiano. Dobbiamo, quindi, sapere che i soldi serviranno certamente per infrastrutturare il Paese; a digitalizzarlo, a costruire la green economy, a rafforzare ricerca e istruzione ma devono anche affrontare questi temi e la prospettiva di come affrontiamo il futuro. Il futuro è il tema principale su cui dobbiamo confrontarci, non le alleanze. Oltretutto nessuno ha mai proposto l’alleanza organica con M5S ma su cosa facciamo, su come siamo protagonisti di una trasformazione che serve ed è necessaria per l’Italia. Il risultato delle elezioni regionali sarà sicuramente importante da questo punto di vista, anche a me dispiace che si vada separati: ci siamo battuti tutti perché i Cinque Stelle comprendessero come sarebbe stato importante se le forze di maggioranza di Governo si fossero presentate unite nelle Regioni. Noi abbiamo fatto comunque la scelta di essere capofila, di essere il soggetto aggregatore di tutte le forze che nelle diverse Regioni difendono un modo di governare, difendono Governi regionali che hanno funzionato e, soprattutto, difendono un’idea. Dobbiamo cominciare a dirlo - e lo diremo quando riapriranno le scuole - che c’è una differenza fondamentale tra noi e la destra: noi cerchiamo di servire al Paese; noi cerchiamo di risolvere i problemi mentre loro li agitano. In Parlamento ho sentito decine di discorsi di esponenti della destra che hanno sfruttato ogni occasione in questi giorni sul tema della riapertura delle scuole ma non ho sentito neanche una proposta. I cittadini, durante il covid, hanno capito che servono quelli che risolvono i problemi e affrontano i problemi e non quelli che chiacchierano e i problemi li agitano. Su questo dobbiamo richiamare alla responsabilità che il Partito Democratico ha avuto anche su tutto questo. Dentro a questo ragionamento si colloca anche l’appuntamento del referendum che, a mio avviso, si sarebbe potuto evitare dato che l’ultima votazione alla Camera dei Deputati sulla riduzione del numero dei parlamentari aveva ottenuto il 92% di favorevoli. Se alcuni non avessero proposto il referendum, ci saremmo evitati un mese in cui tutti gli argomenti dell’antipolitica sono ritornati in auge mentre mi era parso che, un po’ per come le istituzioni si erano poste affrontando il covid e un po’ perché l’Europa ha riconquistato credibilità, l’antipolitica si fosse attenuata. Siamo tutti d’accordo sul fatto che il taglio dei parlamentari inteso come risparmio di costi e come simbolo di un’azione che considera la politica e la democrazia un costo non è accettabile. Nella nostra storia, però, tutti abbiamo dato volantini per sostenere che la riduzione dei parlamentari è parte di qualunque proposta di riforma costituzionale che noi abbiamo presentato nel corso degli anni. Dagli anni ’70 e dall’introduzione di 900 consiglieri regionali (che sono legislatori) e dei parlamentari europei, il centrosinistra ha ragionato sull’opportunità di ridurre il numero dei parlamentari. Votare no significa che ancora una volta si dà il messaggio che le riforme costituzionali che servono al Paese per far funzionare meglio le istituzioni non si possono fare. Dire sì è per fare in modo che la riduzione dei parlamentari sia il primo passo di una serie di riforme che possono migliorare il funzionamento delle istituzioni. Recentemente in Senato abbiamo approvato in seconda lettura la riforma che porta a 18 anni l’elettorato attivo anche per il Senato, si è incardinata la discussione sulla legge elettorale; alla Camera dei Deputati si prosegue con la proposta di legge che non lega più il Senato alle Regioni. Questo significa che il patto di Governo che abbiamo fatto, in cui abbiamo accettato di votare la riduzione dei parlamentari a condizione che si avviasse un percorso complessivo di riforme, sta andando avanti. Può essere che dobbiamo dare maggiormente l’idea che per noi la riduzione dei parlamentari in sé non è sufficiente e in questo senso va la proposta del Segretario Zingaretti di fare una riforma costituzionale che presenteremo a breve, perché il bicameralismo perfetto continua ad essere un problema e va superato. Il votare sì è per fare un primo passo verso una riforma costituzionale che è il contrario dell’antipolitica. Questo è anche il punto su cui, in Direzione Nazionale, il PD ha trovato un accordo dentro a un quadro politico che è lo stesso per cui noi stiamo al Governo. Anche questa battaglia facciamola con un po’ più di orgoglio, senza essere preoccupati o subalterni a questa lettura quotidiana dei giornali per cui qualunque cosa non vada nel Paese sia colpa del PD oppure che, in assenza di problemi, si cominci a ragionare su scenari politici. Non ci stiamo occupando di scenari politici: ci stiamo occupando degli italiani e delle cose che vanno fatte per migliorare la vita dei cittadini e ridare un futuro a questo Paese dopo il covid. Oggi, le priorità per noi devono essere queste".


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