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David Sassoli: non lasciamo le Regioni a chi odia l’Europa – intervista a La Nazione

06 Settembre 2020

Il Presidente del Parlamento Ue: «il voto del 20 settembre è importante. Toscana e Marche esempio per l’utilizzo dei fondi»

 

Di Pierfrancesco de Robertis

Presidente Sassoli, l’Europa è formata dagli Stati ma anche dalle Regioni. Il rapporto con l’Unione europea assume quindi un particolare significato alla vigilia di elezioni regionali di enorme valenza politica.

«Le Regioni sono un pezzo della costruzione europea, il cui impegno si estrinseca spesso attraverso di loro. Penso ai fondi di coesione, agli interventi regionali».

Lei è presidente del Parlamento europeo ma anche un esponente di punta del Partito democratico. Il 20 e 21 settembre il Pd rischia molto in regioni strategiche per la sinistra.

«Proprio in considerazione del mio incarico non voglio entrare nella battaglia politica italiana, ma posso dire che in Europa abbiamo bisogno di Regioni che credano nell’Europa. Mi auguro quindi che i cittadini che vanno al voto si rendano conto che non serve lasciare la guida delle loro amministrazioni a chi l’Europa la vuole dividere. La Toscana, le Marche, la Liguria e le altre Regioni non si devono allontanare dall’Europa»

Ma non è che finora le Regioni a guida centrodestra o leghista si siano allontanate dall’Europa o non abbiano usato i fondi europei…

«No, certo, ma penso all’eccellente lavoro che è stato fatto sui fondi europei in Toscana o nelle Marche, che producono sanità importanti, capacità di investimento e di made in Italy di richiamo internazionale. Tutto questo potrebbe andare perduto, e non deve essere così»

Le Regioni sono state spesso accusate di non saper usare i fondi europei, e di perderli.

«Nelle Regioni del Centro Italia questo non è accaduto, il merito va riconosciuto alle amministrazioni che le hanno guidate. Abbiamo un problema con il Meridione, e risolverlo è uno dei nostri compiti».

La questione Mes ha dominato il dibattito italiano per settimane, ed erano soldi europei destinati alla sanità e quindi alle Regioni. Come finirà?

«A marzo e aprile fu messo in campo uno strumento, che non poteva essere imposto, grazie al quale si mettevano a disposizione 27 miliardi tra spese dirette ed indirette per la sanità. L’Italia, come altri stati, ha deciso di non farvi ricorso, per il momento. Sinceramente credo che adesso la polemica sul Mes diminuisca di valore perché siamo in attesa dei 209 miliardi del Recovery Fund, e l’attenzione si è spostata su quello».

L’Italia è in ritardo nella formulazione dei piani nazionali per il Recovery Fund?

«Non credo, anche considerando il cammino che stanno facendo gli altri Paesi. Non c’è una tempistica ben definita, sappiamo che deve partire tutto da ottobre in poi, i ministeri si stanno adoperando».

Se però dopo le regionali la crisi politica, come alcuni prevedono, si aggravasse…

«Anche qui: non voglio entrare nella polemica politica, ma certo che un periodo di fibrillazione e di instabilità potrebbe avere conseguenze. Abbiamo bisogno di una ratifica da parte del parlamento nazionale di alcuni meccanismi all’origine del Recovery Fund, cosa che dovrebbe accadere dopo la seconda metà di settembre e ci auguriamo che tutto questo sia molto rapido».

E una crisi…

«La stabilità in questo momento è un valore molto concreto».

Teme  che qualche Parlamento dei 27 crei problemi? Qualcuno in giro paventa timori…

«Il 23 luglio l’Unione europea ha imboccato un cambio di fase, di atteggiamento, con debito e politiche comuni. E’ stata una decisione all’unanimità. In conseguenza di questo, con uno squadro pragmatico e fiducioso da parte di tutti, sono sicuro che non ci saranno problemi».

Come ha affrontato l’Unione europea il Coronavirus? 

«L’Europa ha avuto 240 mila morti. E’ stato uno shock enorme, e l’emergenza non è finita. Adesso serve adottare politiche comuni, perché dopo il rientro dalle due settimane di vacanza ci siamo accorti che ogni paese aveva cominciato a colorare la cartina geografica a modo proprio, con regole proprie, generando confusione e incertezza in cittadini e imprese».

A che cosa allude di preciso?

«Alle regole per il commercio, i trasporti, gli spostamenti o alla definizione delle zone di rischio. Per questo ho chiesto alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen di rafforzare l’opera di coordinamento. È arrivata una risposta positiva e di questo siamo felici».


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