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Zingaretti: Ora la nuova legge elettorale. Le nostre condizioni per il Sì al referendum - intervista del Corriere della Sera

26 Agosto 2020

Il segretario del Pd: «Per votare Sì al referendum abbiamo chiesto anche modifiche ai regolamenti parlamentari. Un modo per rispondere ai tanti dubbi originati dall’antipolitica»



di
 Maria Teresa Meli

Segretario Zingaretti, il Pd farà campagna elettorale per il sì al referendum sul taglio dei parlamentari?
«Sosteniamo da sempre la riduzione del numero dei parlamentari e per anni abbiamo presentato proposte di legge in questo senso. Tuttavia per votare Sì e far nascere il governo abbiamo chiesto modifiche circa i regolamenti parlamentari e una nuova legge elettorale, per scongiurare rischi di distorsioni nella rappresentanza e tutelare adeguatamente i territori, il pluralismo e le minoranze. Tutta la maggioranza ha sottoscritto questo accordo, ora faccio un appello a finché sia onorato. Questo permetterebbe anche di interloquire con i tanti dubbi e le perplessità che stanno crescendo; soprattutto in riferimento ad una insopportabile campagna in atto all’insegna dell’anti politica. Naturalmente il Sì va considerato solo un primo passo, in sé insufficiente di una riforma complessiva del bicameralismo e dell’insieme dell’attività legislativa. Come vede, pur nel pieno rispetto dell’autonomia di coscienza di ciascun cittadino, mi impegno a costruire le condizioni più ragionevoli alla scelta del Sì».

Approvare la riforma elettorale in un ramo del Parlamento come chiedevate sembra impossibile.
«Non è così. Se c’è la volontà politica si può fare molto. Quando si parla di democrazia e istituzioni tutti i momenti sono buoni. Naturalmente accanto a questo c’è la priorità del lavoro, della scuola, della crescita. Confido che si possa aprire tutti assieme una fase nuova dove la politica diriga i grandi processi di trasformazione in corso e non li subisca. Penso alla qualità dei progetti da realizzare con le risorse del Recovery fund, alla necessità di una nuova e coordinata politica industriale, alle priorità da indicare sul fisco, alla necessità di un intreccio equilibrato tra l’intervento pubblico e quello dei soggetti privati sul tema della rete unica. Con una ambizione, lasciare ai giovani un’Italia ed un Europa migliore di quella che abbiamo trovato».

Lei ha detto che il voto delle regionali sarà importante per i futuri scenari politici. Che cosa intende?
«Quando votano milioni di cittadini è sempre un fatto politico. Peserà sugli sviluppi della situazione italiana. Comunque, quello che cambierà sicuramente in meglio o peggio, sarà la vita dei cittadini delle Regioni investite dalla consultazione elettorale, per questo ovunque combattiamo per vincere».

Il Pd si è entusiasmato per il voto dei grillini sulla piattaforma Rousseau ma alle regionali, eccezion fatta per la Liguria, andrete ognuno per conto proprio, è una sconfitta della linea dem?
«Questa è una caricatura un po’ maliziosa. Per fortuna nella vita sono ben altre le cose che mi entusiasmano. È naturale, tuttavia, che la caduta di un veto pregiudiziale da parte del Movimento 5 Stelle su possibili alleanze nei territori è un fatto positivo, poi come hanno giustamente ricordato Sala, Nardella ed altri saranno i territori a decidere. Se al pronunciamento sono seguite rigidità e incoerenze, è un problema degli altri. Abbiamo, però, candidature e alleanze competitive ovunque. E nella società il Pd è il pilastro della battaglia contro la destra sovranista».

Se le regionali dovessero andare male si dimetterà?
«Come abbiamo annunciato da tempo apriremo un grande dibattito sul futuro dell’Italia, a prescindere dal risultato che riusciremo ad ottenere e che riguarda il Pd, l’insieme dell’alleanza ed anche il governo nazionale. Il Pd si candida a guidare con spirito unitario, la transizione ad un’altra Italia. Quando ci si chiede cos’è il Pd, io rispondo: il Pd è la garanzia ed il motore affinché le cose cambino in meglio. Quello che abbiamo fatto fin qui è stato importantissimo. Abbiamo gestito la pandemia e rafforzato il nostro rapporto con l’Europa che sta cambiando. Tutto questo lo abbiamo guadagnato sul campo. Ora occorre, se intendiamo continuare insieme a dare una guida alla Repubblica, mettere in campo una progettualità ed una visione più forte».

Se Virginia Raggi facesse un passo indietro, voi e i 5 Stelle potreste trovare un candidato comune a Roma?
«Il futuro sindaco di Roma sarà, nei prossimi anni, una delle personalità politiche di maggiore rilevanza in Italia e a livello internazionale. La superficialità con la quale nel caldo agostano è stato affrontato questo tema è imbarazzante e ha rimosso la portata di questa sfida con un fiorire di nomi senza senso e slegati a qualsiasi progetto. Per questo le polemiche sui ritardi nell’indicazione dei nomi, sono prive di fondamento. Le candidature si avranno dopo le amministrative 2020. È quasi banale doverlo ricordare».

Nel Pd si ragiona su un’alleanza organica con i 5 Stelle: questa decisione andrà ratificata da un congresso?
«Il dibattito su un’alleanza “organica” o “non organica” appassiona pochi e per certi aspetti è incomprensibile. Abbiamo deciso con Italia Viva, Leu e 5 Stelle di governare l’Italia per tutta la legislatura. È dunque un’alleanza che ha delle ambizioni politiche e una missione da realizzare. Tale alleanza si verifica ogni giorno nei processi reali. Occorre una maggiore concordia e la rigorosa verifica della bontà delle nostre decisioni. D’altra parte noi l’abbiamo detto mille volte. Crediamo al governo, vogliamo collaborare meglio con i nostri alleati, ma restiamo convinti che è giusto assumersi responsabilità e gestire il potere solo fino a quando tutto questo risulta utile all’insieme della nostra comunità».

Mancano poche settimane alla riapertura delle scuole e vige ancora la massima incertezza, non ha nessuna critica da fare alla ministra Azzolina?
«Sono mesi che tutti i giorni stiamo ponendo questo tema. Da luglio abbiamo chiesto al governo un coordinamento interministeriale. Ritengo sbagliato ogni atteggiamento polemico o insofferente rispetto al mondo della scuola, che deve essere coprotagonista in questa prova difficile. Lo stesso calendario che si è costruito che prevede un’interruzione delle lezioni subito dopo l’apertura, mi appare problematico. Avevamo suggerito di organizzare in tempo luoghi alternativi per svolgere le elezioni e il referendum».

Teme che con la riapertura delle scuole possa esserci un’impennata del Covid?
«Ci sarà. È previsto. Il negazionismo è stata una propaganda sciagurata. Dobbiamo continuare a governare il problema nel delicato equilibrio tra aumento dei livelli di sicurezza e la necessità della ripresa delle attività sociali ed economiche».

A settembre riproporrete il tema del Mes?
«Non abbiamo mai smesso di porre questo tema. È parte del progetto che abbiamo per la crescita e il benessere che hanno assoluto bisogno di una linea di finanziamento enormemente più favorevole rispetto alle altre possibili».

Il «suo» Pd ha rinunciato alla vocazione maggioritaria?
«Semmai il contrario. Il Pd prende atto che il cammino di una nostra ripresa è in atto e che per non soffocare la vocazione maggioritaria in un isolamento borioso e stizzito occorre saperla esprimere, in un processo, seppure tumultuoso, che si realizza nel paese, che conta, influenza e allarga. Quando si dice che questa linea sarebbe la rinuncia ad una grande forza democratica e riformatrice e la subalternità agli altri, si dice una cosa non vera. Evidentemente non vera. Noi cresceremo se la nostra proposta politica al paese potrà marciare, anche con mille difficoltà, ma nella dimensione reale. Che allo stato attuale presuppone, non l’isolamento, piuttosto la sfida unitaria con gli altri. A livello nazionale e parlamentare con altri soggetti politici nei territori con tante forze civiche, associative o valorizzando la straordinaria forza dei Sindaci e amministratori».


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