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L’ascensore sociale si è bloccato. Due idee per farlo ripartire - dal blog sull'HuffPost di Iside Castagnola

15 Giugno 2020


La povertà educativa è l’autentica carestia da combattere. In questa emergenza, come risponde lo Stato? 1,5 miliardi messi sulla scuola pubblica, se pensiamo solo agli ulteriori 3 miliardi spesi per rilanciare Alitalia, sono una cifra inadeguata. Mi chiedo: il decisore pubblico si rende conto della gravità della situazione?

Partiamo da una fotografia. I dati del Ministero dell’Istruzione aggiornati al luglio 2019, certificano che circa 100mila ragazzi tra i 13 e i 17 anni risultano “dispersi” nel percorso tra il primo e secondo grado di scuola dell’obbligo. Lo conferma l’indagine Eurostat: abbiamo il tasso di occupazione giovanile più basso a livello europeo (56,3%, contro una media Ue del 76% nella fascia 25-29 anni) e il più alto tasso di giovani che non studiano e non lavorano, (29,7%, media Ue 16,6%) non solo deve preoccuparci ma deve subito indurci a trovare risposte diverse a quelle che hanno prodotto questi numeri. Altro che ritorno alla normalità.

Avere il triste primato dei Neet – giovani senza più fiducia in loro stessi, che non studiano né lavorano – è la sconfitta più grande della nostra società e del nostro sistema educativo. Una sconfitta ancora più dura se sommiamo anche i 250.000 ragazzi - la famosa fuga dei cervelli – che negli ultimi 10 anni sono emigrati in altri paesi che li hanno valorizzati fornendo loro quelle opportunità: borse di studio, fondi per la ricerca o semplicemente possibilità di trovare un lavoro pagato il giusto che in Italia non trovavano.

Al di là delle belle parole sull’importanza e la centralità del sistema educativo, da decenni l’Italia investe meno degli altri sulla scuola: una percentuale del Pil pari al 3,8% a fronte della media europea del 4,6%. Le discussioni sul plexiglass appassionano poco, ma rimane l’esigenza di tempi e spazi da riorganizzare. Occorrono più aule, maggiori spazi, spazi comuni e servizi igienico-sanitari per lo meno decorosi per i nostri ragazzi. E’ il momento di alzare la voce e dire chiaramente cosa serve come esigenza insopprimibile del presente: nuove scuole, nuove palestre, nuove strutture dedicate alla conoscenza a partire dalla riappropriazione di musei, biblioteche e ville storiche disabitate o in abbandono. Diventino presìdi di conoscenza e occasioni di crescita.

In questi anni ho incontrato nelle scuole migliaia di ragazzi con cui ci siamo confrontati sulla sicurezza in rete. Conosco la situazione drammatica in cui studenti, professori, personale non docente sono costretti a operare e convivere. Edifici che cadono a pezzi, laboratori che mancano, risorse per attività ordinaria e straordinarie sulle spalle dei genitori e spesso dello stesso corpo docente. Autentici eroi, che lottano a mani nude (e per quattro soldi) per dare un futuro ai nostri figli. Penso alla maestra di Prato che per non abbandonare i suoi bambini, con responsabilità e orgoglio, ha portato i suoi piccoli alunni in sicurezza, all’aperto, per leggere loro le favole in un parco cittadino. Ed è stata, rea di tanta iniziativa individuale, attaccata subito dal sindacato.  

Mio padre mi ripeteva la frase di J.F. Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese! “, Se davvero vogliamo far ripartire la scuola in maniera diversa, approfittiamo di questo momento di riflessione strategica complessiva – e perché no? Di questi Stati generali – per mettere nero su bianco un grande “Patto di comunità “ tra pubblico e privato. Chiedendo anche alle aziende di investire nella scuola. Capire insieme a loro perché lo school bonus non ha funzionato e trovando nuove soluzioni che portino importanti risorse stabili che si possano affiancare a quelle pubbliche.

Approfittiamo per indirizzare una parte delle risorse del Next generation UE per dare un deciso incremento della digitalizzazione del comparto Scuola e Università e adozione di tecnologie, modalità di orientamento e sistemi di insegnamento aggiornati. Approfittiamo per introdurre anche un sostanziale rinnovamento dei programmi scolastici e della valutazione su scala nazionale delle scuole. L’emergenza passerà prima o poi ma la formazione degli insegnanti deve esser continua, verificata e di qualità come in tutta Europa.

Il ministro dell’Università annuncia che la platea ragazzi che non pagherà le tasse universitarie sarà allargata. Non possono e non devono essere i giovani a pagare il conto della crisi. Investire sui saperi deve esser l’orizzonte di ogni decisione politica. Vista la kermesse di villa Pamphili, quando capiremo che la vera grande risorsa sulla quale investire sono i nostri giovani, i nostri studenti? Le scuole, le università, l’istruzione sono le vere grandi riserve auree del nostro Paese.

Si facciano meno passerelle per grandi aziende e vecchi carrozzoni e si facciano piuttosto gli Stati generali dell’istruzione. Lavori concreti, che devono terminare con uno stanziamento immediato e robusto. Del doppio di quanto oggi previsto. Misure concrete per contraddire la vulgata per la quale “in Italia resti quello che nasci”. E dimostrare che il futuro inizia oggi, se vogliamo. Non ci arrendiamo e questo ascensore sociale dobbiamo farlo ripartire tutti assieme. 


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