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Il regionalismo italiano ha fallito e va riformato - di Nicola Corea

22 Maggio 2020




Il sistema regionale italiano ha fallito, per cui, superata l'emergenza coronavirus, bisognerà riformarlo.

Nei momenti di crisi – come l’emergenza sanitaria in atto - il sistema collassa. Questa è una grande responsabilità della politica. La stagione delle riforme sarà indispensabile per la ripartenza del Paese. La classe politica, dovrà avere il buonsenso di mettersi insieme a un tavolo e lavorare nel rispetto delle diversità, perché su questi temi è indispensabile collaborare. Anche perché il sistema regionale è inserito nella Costituzione e quindi modificarlo richiede tempi lunghi e maggioranze qualificate. Il problema è ulteriormente complicato dalla richiesta, al momento in sonno, sulle autonomie regionali rafforzate volute da Lombardia, Venato e Emilia Romagna che, a giudicare dalla mediocre gestione dell’emergenza coronavirus, sembra assolutamente da respingere.

La sanità lombarda ha fatto una scelta diversa da quella di Veneto ed Emilia Romagna e ha privilegiato le grandi strutture ospedaliere e in particolare quelle private, con la conseguenza di aver perso la capacità di tenuta sul territorio del tessuto sociosanitario.

Il regionalismo differenziato è stato introdotto in Costituzione attraverso la riforma del Titolo V nel 2001. Il riferimento normativo è il secondo comma del 116. Le materie da gestire in forma autonoma sono 23.

Due cose ci ha insegnato l’emergenza Covid19 che stiamo tuttora vivendo. Da una parte, appare evidente come sia strategico ed irrinunciabile un intervento unitario per assicurare la capacità di produrre, fornire o acquistare rapidamente medicinali, dispositivi medici e di protezione individuale, presidi sanitari e medico-chirurgici, equipaggiamenti per il personale, apparecchiature sanitarie adeguate, così come per acquisire, e se del caso di costruire, in tempi ridotti strutture sanitarie ed ospedaliere o per attivare nuovi posti letto. Dall’altra parte, cogliamo l’importanza di potenziare la capacità di previsione, avvalendosi soprattutto delle migliori realtà scientifiche del Paese e in collaborazione costante con le organizzazioni internazionali ed europee, la centralità degli interventi in materia di prevenzione e sanità pubblica, l’esigenza di un rafforzamento non solo delle amministrazioni statali a ciò deputate, ma soprattutto delle strutture territoriali, quali le agenzie regionali e i dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie, la necessità di puntare sulla sanità di prossimità, sulle reti territoriali che passano in primo luogo dai medici di medicina generale. Priorità che dovrebbero già caratterizzare in via “ordinaria” il nostro sistema sanitario nazionale e i servizi sanitari regionali e che costituiscono interventi efficaci e necessari per affrontare le emergenze sanitarie come la realtà sta dimostrando.


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