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Taglio parlamentari, Zanda: “Il referendum senza riforme può paralizzare il Parlamento” - Intervista de La Stampa

06 Febbraio 2020

E` indispensabile che la riduzione dei parlamentari sia resa coerente con il resto dell`ordinamento


di Ugo Magri


Mi lascia allibito la leggerezza e, anzi, l`incoscienza con cui stiamo andando incontro a questo referendum costituzionale», allarga le braccia Luigi Zanda, senatore Pd.
Di tagliare i parlamentari si parla ormai da 40 anni. Non le pare un`attesa già sufficiente?
«Chiariamo subito che io sono favorevole alla riforma e anzi la considero virtualmente approvata dagli elettori. Ma ne valuto gli effetti e trovo che sarebbe grave ignorarli. E` indispensabile che la riduzione dei parlamentari sia resa coerente con tutto il resto dell`ordinamento».
Con che cosa, in particolare?
«Anzitutto, con l`elezione del presidente della Repubblica. Come ben sappiamo, spetta al Parlamento che si riunisce in seduta comune, allargato a 58 delegati delle Regioni. Se però il numero di deputati e senatori cala da 945 a 600, mentre quello dei rappresentanti regionali rimane immutato, chiunque capisce che viene a crearsi uno squilibrio».
In pratica, cosa può accadere?
«Nella scelta del presidente anche un solo voto può essere decisivo. Non dobbiamo stravolgere l`equilibrio fissato dalla Costituzione. Non mi sembra un dettaglio da poco».
Che altro non va?
«Prevedo riflessi molto seri sul funzionamento delle due Camere, e del Senato in modo allarmante. A Palazzo Madama si contano attualmente 3 Giunte, 14 Commissioni permanenti, numerose Commissioni speciali e non poche bicamerali. Oggi che i senatori sono 315, il loro lavoro viene suddiviso tra tutti questi organismi; ma quando il numero sarà sceso a 200, ogni commissione verrà composta da 13-14 membri ciascuna».
Cosa ci sarebbe di male?
A decidere sarebbero pochissime persone. Per approvare una legge in sede deliberante in Commissione basterebbero 7-8 voti, facendo venir meno qualunque criterio di rappresentatività».
Come è possibile venirne fuori?
«
Riducendo il numero delle Giunte e delle Commissioni. Asciugando certi organismi tipo il Consiglio di presidenza, che oggi impegna ben 18 membri. E poi, diciamolo: con 200 senatori, 4 vice-presidenti sono troppi, idem 10 segretari d`aula».
Andrebbe tutto riparametrato, questo è evidente. Dove sta l`ostacolo?
«Per riorganizzare il lavoro del Senato bisogna cambiarne il Regolamento. E per riformare il Regolamento occorrono maggioranze vaste, molto difficili da trovare. Ma soprattutto, bisognerebbe muoversi da subito, senza perdere tempo, in modo che nella prossima legislatura il Senato venga messo immediatamente nella condizione di lavorare».
Altrimenti?
«Lo condanneremmo alla paralisi. E a rimetterci sarebbero i cittadini».
Da quale punto di vista?
«Peggiorerebbe ulteriormente la qualità delle leggi, che già è piuttosto mediocre. Il Parlamento non sembra più capace di scriverle. Produciamo norme incomprensibili, contraddittorie, monche. Invece di concentrarsi su grandi riforme ben fatte, le Camere si mettono a legiferare su materie dove non ce ne sarebbe bisogno».
Per esempio?
«Il Parlamento interviene sulle concessioni autostradali con legge mentre basterebbero atti amministrativi. Oppure capovolge il buonsenso e la logica, come sta avvenendo sulla prescrizione. Ragionevolezza avrebbe voluto che venisse approvata insieme con la riforma del processo penale. Invece la prescrizione è legge e il processo penale verrà aggiornato chissà quando».
Col referendum, tutto questo che c`entra?
«C`entra moltissimo, purtroppo. Sempre alla ricerca del consenso, il Parlamento sta disimparando a legiferare. Si fanno le leggi, e delle conseguenze ci si lava le mani. Per inseguire i voti, siamo caduti prigionieri dell`analfabetismo giuridico-parlamentare»


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