Registrati

Privacy

Informativa ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. La raccolta e il trattamento dei dati sono effettuati limitatamente ai fini connessi alla gestione operativa e amministrativa del servizio. I dati sono trattati con strumenti informatici e telematici e non saranno comunicati a terzi. Il titolare del trattamento è AreaDem.
* Acconsento al trattamento dei miei dati personali
Log in

 
Registrazione al sito - Login al sito

David Sassoli alla Cerimonia di chiusura di Matera Capitale Europea della Cultura 2019

21 Dicembre 2019

"Due giorni per programmare l'Europa" - intervista a David Sassoli di HuffPost

“Ho invitato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ad un incontro sull’agenda legislativa europea. Hanno accettato. Si terrà il 30 e 31 gennaio alla Maison Monnet, che era la casa di Jean Monnet e ora è di proprietà del Parlamento europeo. Ci ritroveremo lì, a Bazoches sur Guyonne, paesino dell’Île-de-France, vicino Parigi, per discutere su tutto il programma della Commissione europea nel nuovo anno. Stiamo preparando dossier molto importanti”.

Ecco come inizierà il nuovo anno europeo, denso di sfide a partire dal Green deal. Ce lo annuncia David Sassoli, in questa intervista a sei mesi dalla sua elezione alla presidenza del Parlamento europeo e alle porte di un 2020 impegnativo per l’Europa e l’Italia. Lo intervistiamo nei Sassi di Matera, città che oggi chiude il suo anno da capitale europea della cultura 2019 con una cerimonia che vede la partecipazione anche dei ministri Dario Franceschini e Giuseppe Provenzano, la sottosegretaria Mirella Liuzzi, oltre che del presidente del Parlamento europeo. Il quale ha un “invito” per il governo Conte: “Aderisca all’agenda europea, a Bruxelles interessa molto la stabilità dei governi soprattutto nei paesi ad alto debito”. Ma l’Italia, argomenta Sassoli, può anche contrattare molto con Bruxelles in questa fase. Primo: “Si può arrivare” a scorporare gli investimenti verdi dal Patto di Stabilità e crescita e si può ottenere che i fondi della transizione previsti dal Green deal possano essere usati “anche per l’Ilva di Taranto”. Roma inoltre potrebbe spingere su un’altra riforma necessaria per l’Ue: “L’eliminazione del diritto di veto” che spesso blocca le decisioni in Consiglio europeo.

Iniziamo dalla sentenza della Corte di giustizia europea sull’indipendentista catalano Junqueras: esempio inedito in cui il diritto europeo si impone su una legge elettorale nazionale. Ieri nell’aula di Strasburgo c’erano molte aspettative sulle sue decisioni e lei ha chiesto a Madrid di conformarsi alle scelte della Corte europea.

Questa sentenza è di certo un inedito: il diritto europeo prevale anche sulle questioni di competenza degli Stati membri. La decisione, al di là dei giudizi che si possono dare, costituisce un precedente molto importante.

Ma l’Europa è sotto attacco da parte dei movimenti anti-europeisti in tutto il continente. Questo caso non rischia di dar fiato a Vox, per esempio, partito nazionalista spagnolo di estrema destra in crescita alle scorse elezioni e nei sondaggi?

L’Europa è sotto attacco? A sentire l’Eurobarometro, il 58 per cento degli europei vuole una Ue più forte, un Parlamento europeo più forte. L’Europa deve quindi accrescere la sua possibilità di incidere sul futuro. L’Europa è un’assicurazione sulla vita dei paesi membri, i quali, anche quando li consideriamo grandi, sono sempre troppo piccoli. Come potrebbero competere sulla scena mondiale da soli? L’Europa lo può fare. Chi può far pagare le tasse ai giganti del web, affinché chi opera in Europa paghi le tasse in Europa? L’Europa può farlo. Uno Stato nazionale non può.

L’anno prossimo l’Europa dovrà concretizzare il Green deal, sfida per la transizione energetica non più rinviabile ma allo stesso tempo tema che rischia di essere ancor più divisivo dell’immigrazione. E già non c’è accordo: per ora la Polonia non aderisce.

Il Consiglio e il Parlamento hanno detto che nel 2050 dobbiamo arrivare ad un obiettivo di riduzione delle emissioni. Anche la Polonia lo ha detto. Il problema è che dobbiamo rassicurare alcuni paesi sul fatto che la transizione sarà giusta. Il fondo per la transizione dovrà consentire alle nostre aziende di ristrutturarsi, non di chiudere, di riconvertirsi, non di perdere posti lavoro ma di aumentarli. Ecco perché il fondo per la transizione giusta deve contenere risorse appropriate.

Rassicurare paesi ma anche ‘settori’ industriali, tipo l’Ilva di Taranto.

Certo, il fondo per la transizione deve servire anche per la transizione di uno stabilimento come l’Ilva.

C’è possibilità che gli investimenti ‘verdi’ vengano esclusi dal Patto di stabilità e crescita? Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, in una recente intervista a La Stampa, ha detto di no, sembra che chiuda ogni discussione anche se il dibattito inizierà l’anno prossimo.

Io penso che ci si possa arrivare. Bisogna discutere, rassicurare, fare in modo che l’obiettivo del 2050 venga condiviso. Questa è la politica: non ci dobbiamo lamentare che in Europa si discuta. Noi siamo convinti che si debba discutere.

Certo, l’Europa si gioca tutto sull’ambiente. E se perde questa sfida?

Se si perde questa sfida, penso sia difficile reggere la concorrenza. Ma perché dobbiamo perderla? Dieci giorni fa, è venuto a trovarmi Jeremy Rifkin. Mi ha detto: solo l’Europa può inventare un nuovo modello di sviluppo economico per questo secolo. Non è un caso che pochi giorni dopo, la Commissione europea abbia presentato questo ambiziosissimo programma. Lo può fare l’Europa: ne ha l’attitudine, il know how, le capacità e non significa solo lotta al cambiamento climatico ma sostenibilità in ogni politica sociale, economica, finanziaria. Noi abbiamo la possibilità in questo momento di farci riconoscere. Possiamo essere i promotori di un nuovo modello di sviluppo che superi quello che attuale, iniziato dopo la seconda guerra mondiale.

Però il resto del mondo va in direzione contraria, come dimostra il fallimento della conferenza Onu sull’ambiente a Madrid.

Mentre lì si falliva, l’Europa decideva questo programma ambizioso, adesso si tratta di finanziarlo. Abbiamo la possibilità di dare al mondo un esempio di politica sostenibile al servizio delle nostre comunità.

A patto che si riesca a raggiungere un accordo ’generoso sul bilancio pluriennale. Dipende tutto da lì.

Il negoziato deve ancora iniziare. La proposta finlandese, lo abbiamo detto, non è convincente. La posizione di altri governi non lo è altrettanto perché vuole fotografare l’esistente. Noi dobbiamo decidere invece del bilancio dei prossimi sette anni e abbiamo due sfide fondamentali finanziare i programmi di successo dell’Unione Europea: la politica di coesione, la politica culturale, la politica agricola e poi dobbiamo aggiungere risorse sulle sfide per cui von der Leyen ha preso il consenso del Parlamento europeo: il Green deal è la prima sfida.

Poi c’è l’unione bancaria, la riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes, ndr) che tanta polemica ha portato in Italia.

Il Mes ha portato polemica in Italia perché se non lo capisci e lo strumentalizzi crei confusione. Il Mes invece è un’assicurazione per ogni Stato membro.

Parliamo di politica italiana dunque. Oggi il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha dato un’intervista in cui tesse le lodi di Conte. Ma la maggioranza non sembra in salute, diciamo così. E’ un governo che dura?

E’ una maggioranza utile all’Italia soprattutto se aderirà all’agenda europea. Questo è l’invito che rivolgo al governo: adeguare l’agenda italiana a quella europea altrimenti il nostro paese non rischia solo di rimanere indietro ma di essere marginalizzato. Il presidente Conte mi pare ce la stia mettendo tutta perché questa maggioranza trovi un’anima. Però la convenienza c’è tutta: è la convenienza di avere un paese stabile che in Europa si faccia valere. Questa è la convenienza degli italiani.

Il referendum sul taglio dei parlamentari rischia di innescare una corsa alle urne anticipate?

Sono state raccolte le firme, il referendum si farà. Ma da Bruxelles si fa il tifo per un’Italia stabile. Che l’Italia abbia bisogno di riforme istituzionali non c’è dubbio. Ce n’è una che fa soffrire l’Europa.

Quale?

Siamo un paese di mille chilometri con 20 regioni con politiche esclusive, difficile avere politiche nazionali ad esempio sul turismo.

Argomentazione in contro-tendenza in tempi in cui si discute di autonomia differenziata.

Noi non siamo la Cina, ma un paese di mille chilometri. Vai a spiegare a un tedesco che il governo di un paese che ha il più grande patrimonio artistico del mondo non possa avere una politica nazionale che valorizzi questo settore.

Rovesciando la medaglia, con questo governo tanto gradito all’Europa, l’Italia può chiedere tutto a Bruxelles. Le verrebbe dato, perché Salvini resta alto nei sondaggi e l’Ue non vuole un governo a guida Salvini...

A Bruxelles interessa molto la stabilità dei governi nazionali perché la stabilità è un valore, in particolare per un paese che ha un debito come quello italiano e può essere esposto alle intemperie dei mercati.

Su quali punti potrebbe spingere l’Italia? Oltre che sugli investimenti verdi fuori dal deficit, il fondo di transizione da usare anche per l’Ilva…

Ci sono tante riforme da fare in Europa. Per esempio eliminare il diritto di veto. Il Parlamento è molto convinto che bisogna ridiscuterlo: come si può pensare di rafforzare la democrazia in Europa, quando la democrazia si inceppa sui meccanismi nazionali?

Guardando a ciò che si muove nella società: in Italia abbiamo le ‘sardine’, movimento nato come anti-Salvini, dunque contro l’opposizione; in Francia sindacati in sciopero contro il governo. Qualcosa non va...

In Francia c’è un conflitto sociale importante. In Italia c’è un movimento di giovani che chiede alla politica di abbassare i toni e difendere le istituzioni: sembra di buon auspicio per il prossimo anno.

L’Europa prenderà un’iniziativa seria sulla Libia? Si è discusso poco del nuovo accordo tra al Serraj ed Erdogan a livello comunitario, a parte il trilaterale di Conte con Merkel e Macron una settimana fa a Bruxelles.

Mi ha fatto molto piacere che l’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrell mi abbia detto che vuole riprendere il dossier libico. Credo che l’Ue abbia bisogno di una politica presenza e di una iniziativa sulla Libia.

Brexit, domanda dichiaratamente tendenziosa: l’Ue è pronta ad accogliere la Scozia?

Aspettiamo il voto di Westminster, poi ci sarà il voto del Parlamento europeo e il 31 gennaio, ahinoi, usciranno. Noi vogliamo che il dialogo sugli accordi futuri tra Ue e Regno Unito sia fatto in amicizia e con collaborazione. Ma certamente l’Unione difenderà i cittadini e le imprese europee.

Guardando oltreoceano, l’anno prossimo entra nel vivo la campagna elettorale negli Usa con il presidente Trump sotto impeachment. A est ci sono Russia e Cina che in forme diverse premono sull’Europa. C’è scampo?

Il prossimo anno sarà particolare per l’Europa. Avremo da discutere il bilancio pluriennale, la questione della Brexit, gli accordi successivi all’uscita del Regno Unito. Abbiamo da definire le politiche per avviare il processo di sostenibilità e poi gli Stati Uniti entreranno in una fase molto particolare dovuta alle questioni che riguardano il presidente e per la campagna elettorale. La sfida con il mondo globale sarà tutta sulle spalle dell’Europa.

European Parliament President David-Maria Sassoli, European Commission President Ursula von der Leyen...


Commenta... oppure


torna su

Agenda

DoLuMaMeGiVeSa
1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30

Rassegna stampa