Registrati

Privacy

Informativa ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. La raccolta e il trattamento dei dati sono effettuati limitatamente ai fini connessi alla gestione operativa e amministrativa del servizio. I dati sono trattati con strumenti informatici e telematici e non saranno comunicati a terzi. Il titolare del trattamento è AreaDem.
* Acconsento al trattamento dei miei dati personali
Log in

 
Registrazione al sito - Login al sito

Pretendo un governo più leale - intervista a Nicola Zingaretti de la Repubblica

23 Ottobre 2019

Il segretario Pd: non voglio andare a votare, ma non si può pensare solo alle poltrone. A Renzi ricordo che il nemico è la destra

Nicola Zingaretti a Porta Porta (Rai1)


Pretendo che si governi bene e lealmente. Basta polemiche, dobbiamo continuare a produrre fatti e risultati utili al Paese e un modello di sviluppo basato sulla giustizia sociale. A me interessa solo questo, gli italiani non ne possono più delle polemiche. Con la manovra abbiamo già ottenuto i primi risultati. Siamo riusciti a bloccare l’aumento dell’Iva e abbiamo fatto scelte di campo chiare: taglio delle tasse sul lavoro, 11 miliardi di investimenti green, finanziamenti per Industria 4.0, asili nido gratuiti, bonus per le facciate dei palazzi e l’introduzione del piano casa. È così che dobbiamo andare avanti, producendo fatti. Da quando è partito il governo penso solo a questo, ai risultati da produrre.


di Stefano Cappellini


Segretario Nicola Zingaretti, la manovra è stata appena varata tra liti e veti e la questione pare già un’altra: quanto può durare un governo con una maggioranza così litigiosa?

«Io di certo non voglio votare. Però pretendo che si governi bene e lealmente. Da segretario del Pd uso questo verbo non a caso. Si producano dei fatti, la si smetta con la ricerca ossessiva di polemiche e visibilità, perché questa è una degenerazione della politica che gli italiani non tollerano più e in tal modo resterebbe solo il governo delle poltrone, dei ministeri e delle nomine. Noi al governo restiamo solo finché produce risultati utili al Paese».

La trattativa sulla manovra è sembrata il secondo tempo del governo giallo-verde. Solo che prima litigavano in due, e ora litigate in tre.

«Ci sono due aspetti da considerare: il merito e il metodo. Sul merito sono soddisfatto: abbiamo messo in campo un’idea di sviluppo legata alla giustizia sociale. Sul metodo, invece, non va: la cornice di litigi, polemiche e rincorsa a mettere bandierine sui provvedimenti rischia di oscurare quanto di buono è stato fatto».

Cosa c’è di buono, a parte la neutralizzazione dell’aumento Iva?

«Intanto non sottovaluterei i 23 miliardi recuperati per evitare l’aumento dell’Iva: abbiamo fermato la valanga sul villaggio. Poi abbiamo fatto delle scelte di campo chiare. Siamo passati dalle balle e dai debiti di Salvini, che voleva tassare le cassette di sicurezze e mettere 15 miliardi sulla fiat tax, a una prima grande inversione di tendenza: taglio delle tasse sul lavoro, 11 miliardi di investimenti green, finanziamenti per Industria 4.0, asili nido gratuiti, bonus per le facciate dei palazzi e l’introduzione del piano casa. Sono colpito dal fatto che non tutti rivendichino questi risultati».

Avete disperso le poche risorse su molti fronti anziché puntare su uno o due provvedimenti di più forte impatto. Una scelta giusta?

«Credo si sia arrivati a un compromesso corretto. Se si fossero fatte scelte monotematiche avremmo avuto sotto Palazzo Chigi le file di tutti gli scontenti. E gli effetti vanno nella giusta direzione. Dall’autorevolezza riconquistata a livello europeo alla fiducia dei mercati».

Sa cosa dice la destra: Ue e banche favorevoli alla manovra sono la prova che è antipopolare.

«No, i mercati rispondono bene al fatto che ci saranno più soldi nelle tasche degli italiani. Per questo non dobbiamo lasciare che il surplus di polemiche metta in discussione la credibilità del governo. Il famoso futuro migliore si garantisce non con le chiacchiere ma con i fatti».

Sulla lotta all’evasione grandi proclami, evocazione delle manette, ma poi sulle questioni concrete, come i pagamenti elettronici e il tetto al contante, è tutta una frenata.

«Non basta una sola azione per combattere l’evasione. Serve un’azione coordinata, dalla premialità peri contribuenti onesti al rilancio dei pagamenti elettronici. Non bisogna avere paura di chiamare “furto” l’evasione prevedendo pene adeguate per chi ruba tanto. Ma la lotta non si fa con i provvedimenti a effetto, che vanno sui giornali per 48 ore e poi non cambia nulla».

Con il M5S governate ma ancora non si vede su cosa possa fondarsi una coalizione stabile.

«Io non ho cambiato il mio progetto: un grande partito per una grande alleanza. Questo obiettivo non ha un senso se lo si riduce all’alleanza di chi si oppone a Salvini. Gli italiani guardano a questo governo con un mix di speranza e sospetto. Io voglio rafforzare la speranza ed eliminare il sospetto».

Che succede se alle regionali in Umbria fallisce il primo esperimento di alleanza Pd-M5S?

«Innanzitutto gli umbri perderebbero una grande occasione, perché Bianconi è la persona giusta. In Umbria partiamo in svantaggio. Abbiamo perso molti Comuni negli ultimi anni, ci sono stati degli scandali, ma se ci fossimo presentati divisi non avremmo nemmeno giocato la partita. Si vota per la Regione, però. Se qualcuno vuol dare altre valenze al voto è per ragioni strumentali e destabilizzanti ».

Salvini ha radunato una grande manifestazione della destra. Sicuro che il governo giallo-rosso abbia scongiurato un futuro sovranista?

«Nei comizi di quella piazza non ho ascoltato una sola proposta utile al Paese, encefalogramma piatto. A San Giovanni c’è stata un’altra operazione politica: la fondazione di una nuova destra, che tende a un monopartito diretto da Salvini ed esclude i moderati dalla rappresentanza di quel blocco sociale. Operazione che io giudico molto seria e pericolosa. E non c’è dubbio alcuno che l’unico argine è il rilancio della funzione del Pd».

Renzi è convinto di essere lui l’antagonista di Salvini.

«C’è un motivo se il Pd è diventato il bersaglio di tanti: resiste nei sondaggi e mantiene una sua centralità. Più è forte il Pd, più è debole Salvini».

Boschi dice che il Pd è il partito delle tasse.

«Un’uscita talmente infelice che se ne sono resi conto persino dentro Italia viva. È surreale l’ossessione di denigrare il partito di cui si faceva parte fino a due settimane fa. L’avversario, lo ricordo, è la destra».

Ma Italia viva punta più ai voti del Pd o a quelli in uscita dal centrodestra?

«Non lo so, ho visto che Briatore è uno sponsor dell’alleanza Renzi-Salvini».

Sa cosa pensano molti elettori del Pd? Che avete salvato il M5S al governo senza riuscire imporre nulla della vostra agenda. Sulla giustizia cederete alla riforma della prescrizione targata Bonafede?

«A noi non convinceva e non convince l’idea di un punto fermo nella prescrizione a fronte di tempi assolutamente incerti nel processo. Ci è stato chiesto di lavorare su come rendere più rapido e con tempi certi il processo penale. Ci siamo seduti al tavolo con lo stesso spirito con il quale abbiamo discusso la manovra e stiamo discutendo di federalismo, senza accettare pacchetti precostituiti e senza pregiudizi. Valuteremo il risultato e poi discuteremo di prescrizione prima dell’entrata in vigore della norma».

Sull’immigrazione reggono i decreti Salvini e non si approva lo Ius culturae.

«Quando si sta in una maggioranza nulla si può imporre, anche perché siamo dentro rapporti di forza svantaggio si per colpa della sconfitta del 4 marzo: noi il 18%, il M5S il 33%. Ma questo tema è talmente importante che bisogna fare passi avanti, perché la stragrande maggioranza è d’accordo a superare le paure e la strumentalizzazione di chi le cavalca. Il Pd si batte per le proprie idee: nell’attuale legge di bilancio è contenuto tutto il piano per l’Italia che il Pd ha presentato alle europee. Poi alcuni giorni siamo accusati di essere troppo subalterni, in altri troppo egemonici».

Egemonici? E il taglio dei parlamentari incassato dal M5S?

«Non fa bene a nessuno, quando si ottiene un risultato di tutti, andare sotto il Parlamento con le forbici».

I 5S di Di Maio sono sempre quelli della festa in balcone a Palazzo Chigi.

«So che il Pd non è mai stato unito e solidale come in questo momento. Si opera insieme e ognuno fa la sua parte. Nel M5S c’è un travaglio sotto gli occhi di tutti, quindi non dobbiamo sorprenderci se c’è ancora una ricerca di spazio, anche in queste forme».

Aveva promesso di non dare tregua a Salvini sul Russiagate. Non ha mai riferito in Parlamento.

«Colpisce il silenzio di Salvini, mai accaduto che il ministro degli Interni non si presentasse in Parlamento a dare la sua versione. Eccole qui le leadership cosiddette muscolari, sanno solo fuggire delle proprie responsabilità».

E il Russiagate di Conte? Se non fosse stato il premier del vostro governo non sareste stati così morbidi.

«No, da subito abbiamo chiesto che Conte riferisse nella sede appropriata e appena si è insediato il nuovo presidente del Copasir si è subito trovata la data. È l’esatto opposto di Salvini. Ascolteremo ciò che il premier dirà».

Conte è diventato il premier del Pd?

«Questa è una fake news. Conte ce la sta mettendo tutta, e sta facendo bene, per ascoltare tutti e produrre una sintesi. La leadership futura sarà decisa democraticamente».

Lei era tra i più scettici sulla nascita del governo. Si dice mai chi me l’ha fatto fare?

«Neanche un istante. Da quando è partito il governo penso solo a fargli produrre risultati. Piuttosto, ho la sensazione che altri che il governo lo volevano di più non si preoccupino abbastanza di fare altrettanto».



Commenta... oppure


torna su

Agenda

DoLuMaMeGiVeSa
1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
31

Rassegna stampa