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Zingaretti: così cambio il Pd - intervista del Corriere della Sera

18 Settembre 2019


di Maria Teresa Meli

Il segretario del Pd Nicola Zingaretti in un’intervista al Corriere ammette che un po’ se l’aspettava. Perché Renzi era sì vicino al partito ma aveva un atteggiamento di «non partecipazione alla vita del partito che francamente non ho mai compreso fino in fondo». Però è una rottura che «dispiace» perché è «un errore dividere il Pd». Anche se poi aggiunge che non ha capito il perché dello strappo di Renzi. Ma Zingaretti ribadisce anche che «ora il nostro compito è molto chiaro»: bisogna «portare nel futuro il Pd. Anzi, meglio, il Pd che può ricostruire una speranza per l’Italia». Anche il premier Conte è intervenuto sulla scissione tra i democratici: «Renzi è stato poco trasparente». Intanto Renzi ha annunciato il nome del suo partito: «Italia viva».
 

Zingaretti, Renzi le ha detto addio…

 
«Io un po’ me lo aspettavo per l’atteggiamento di vicinanza ma non partecipazione alla vita del partito che non ho mai compreso fino in fondo. Mi dispiace, e penso che sia un errore dividere il Pd, ma al tempo stesso credo che ora il nostro compito sia molto chiaro: è quello di portare nel futuro il Pd. Anzi, meglio, il Pd che può ricostruire una speranza per l’Italia».
 

Che vuol dire?

 
«Delle cose molto chiare. Primo, con il governo, realizzare con i fatti quella svolta annunciata che l’Italia si aspettava. Cioè riaccendere l’economia italiana, promuovere davvero la rivoluzione verde nel Paese, tornare a creare lavoro, lottare contro le diseguaglianze, investire per innovare nelle imprese, nelle infrastrutture, e nella conoscenza e semplificare l’Italia per intercettare davvero il grande consenso delle destre».
 

E come pensate di intercettarlo?

 
«Far vedere che alla rabbia delle persone, siano imprenditoridisoccupati o studenti, può essere data una soluzione positiva e non effimera e sbagliata come l’odio. È una scommessa, e solo in un Pd forte si possono ottenere questi risultati e ridare forza al Paese».
 

Questo era il primo punto.

 
«Il secondo è quello di non commettere l’errore drammatico di chiuderci solamente nella dimensione del governo. Dobbiamo tornare a immergerci nella società e a organizzarci in forme nuove. Io garantisco e garantirò che il Pd è e rimarrà il luogo plurale di incontro e sintesi di pensieri diversi: quello della sinistra, quello laico-azionista e il pensiero attualissimo del cattolicesimo democratico, per rappresentare e aiutare l’Italia che soffre e l’Italia che vince. La nostra proposta si rivolge a tutto il Paese, questa vocazione non la perderemo mai».
 

L’addio di Renzi destabilizzerà il governo?

 
«Mi auguro di no e faremo di tutto perché non sia così. Certo, è un rischio, perché con una nuova sigla politica cambia il quadro di governo e io mi appello al senso di responsabilità di tutti. Io da quando il governo è partito, anzi ancora prima, dal mese di agosto, ho detto una cosa molto chiara e cioè che noi dobbiamo, nel comune programma di governo ma anche nella società, rafforzare uno spirito di comunità nei confronti dei 5 Stelle, e questo spirito noi dovremo provare a costruirlo con tutte le forze della maggioranza con contenuti chiari e spirito aperto».
 

Senza Renzi, Speranza e Bersani torneranno nel Pd?

 
«Questo tema è privo di fondamento. Io mi auguro che tornino i milioni di elettori che abbiamo perso i1 4 marzo 2018 e che stanno tornando come abbiamo visto alle ultime Europee. Questa storia delle porte girevoli da cui uno entra ed esce è quanto di più lontano dalla realtà e dal futuro del Pd. Piuttosto, io avverto ora l’esigenza di rilanciare una radicale riforma del partito, ma per aprirci alle energie e alle idee nuove della società italiana, perché – forse questo sì, è vero – una eccessiva cristallizzazione, una degenerazione torrentizia contro la quale combatto da sempre, rischiano di isolarci dal Paese. Quindi noi apriremo una stagione nuova che, rispetto al partito che ho trovato, deve mettere in soffitta il criterio della fedeltà e rimettere al centro il merito, la lealtà e soprattutto una nuova democrazia interna. Così si può coinvolgere una nuova generazione che riprenda a guardare a noi con interesse».
 

In che consiste questa riforma del partito?

 
«Noi dovremo moltiplicare e differenziare i luoghi di aggregazione del partito, liberandoli dai lacciuoli e dalle gerarchie che soffocano il dibattito. Non ci saranno più solo i circoli: dovremo innestare nel territorio e nella rete forme di partecipazione quotidiana. Rimettere al centro le persone, le loro idee e volontà. La nuova applicazione del partito digitale che presenteremo a fine mese e che permetterà alle persone di incidere nella vita interna del Pd serve proprio a questo. A novembre poi avremo un grande appuntamento nazionale per ridefinire i contorni e la qualità della nostra proposta politica al Paese. Sì, dobbiamo essere noi a condizionare gli anni Venti di questo secolo. Dovranno essere gli anni della liberazione delle persone attraverso un modello di sviluppo nuovo fondato sulla sostenibilità ambientale e sociale. Se non lo facciamo noi non lo fa nessuno, e allora diventeranno attuali e più credibili le offerte regressive della destra dí Salvini».
 

Dopo la scissione che appello fa al Pd?

 
«L’Italia ha bisogno del Pd, il Pd ha bisogno di rigenerarsi. Apriamo le porte a chi ha voglia di cambiare. Dal 3 al 6 ottobre saremo nelle piazze e nelle strade. Faremo le tessere, presenteremo le nostre proposte: incontriamo tutti per il Paese che amiamo».
 

Alle Regionali farete alleanze con i 5 Stelle, non teme che questo allontani una parte del vostro elettorato?

 
«Noi non dobbiamo catapultare nei territori formule politiche che potrebbero anche provocare crisi di rigetto, però dobbiamo provare, territorio per territorio, a vedere se si riesce a fare una sintesi tra partiti diversi, come eravamo noi e i 5 Stelle fino a poche settimane fa – questo è avvenuto nel governo nazionale per mettere in campo nuove proposte e una nuova classe dirigente. Non bisogna avere paura di confrontarci: noi possiamo e dobbiamo farlo. Grazie al confronto, infatti, abbiamo rotto la saldatura tra l’elettorato della destra di Salvini e quello del Movimento 5 Stelle in cui convivono pulsioni diverse».
 

Ma vi alleerete con i 5 Stelle anche alle prossime elezioni politiche per sconfiggere la destra?

 
«Io credo che uno degli errori del governo gialloverde sia stato quello di mantenere cristallizzate le differenze tra le due forze politiche della maggioranza. Questo ha generato mesi di ritardi, incomprensioni e litigi, provocando un danno immenso pagato dall’Italia e dagli italiani. Noi ora dobbiamo fare l’opposto. Cioè maturare un processo politico di confronto, di dialogo e di avvicinamento che porti a dei risultati molto concreti. Come è avvenuto adesso, nelle trattative per la formazione del governo grazie agli sforzi di entrambe le parti, si lavora per alzare gli stipendi degli italiani attraverso il taglio delle tasse, per varare un importante piano casa per le fasce sociali più deboli e aprire una nuova stagione di investimenti per le imprese. Credo che sia segno di grande maturità non rinunciare alle proprie idee ma al contempo non avere paura di confrontarsi e fare altri passi insieme».


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