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Il nuovo Governo alla prova della disabilità - di Nicola Corea

16 Settembre 2019


C’è una nuova maggioranza e tra gli obiettivi dichiarati dal nuovo esecutivo torna il sostegno alle persone disabili. Superata la coalizione gialloverde che diede vita ad un Ministero per la disabilità, ma lo fece senza portafoglio e con zero risorse.

Il fatto che sia stato istituito un ministero per la disabilità mette in evidenza come i disabili vengono percepiti, ovvero come cittadini a parte e non come parte della cittadinanza. In realtà, invece, tutti i ministeri devono occuparsi dei disabili. Istituire un ministero dedicato è offensivo, non un segno di maturità e di integrazione. Le deleghe sulla disabilità, adesso, saranno assunte direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. 

Qualche settimana fa, il Presidente Conte ha incontrato le organizzazioni delle persone con disabilità. Secondo le dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio, massima attenzione sarà riservata al tema della disabilità. Occorre realizzare una razionale riunificazione normativa della disciplina in materia di sostegno alla disabilità e alla non autosufficienza, promuovendo politiche non meramente assistenziali, ma orientate all’inclusione sociale dei cittadini con disabilità e al pieno esercizio di una cittadinanza attiva.

In Italia ci sono più di 4 milioni di cittadini disabili, dunque, con lo stesso peso politico di altre parti sociali.

Va subito corretta la forte discriminazione in materia di reddito di cittadinanza. La  maggioranza gialloverde aveva assegnato la cifra irrisoria di 50 Euro mensili in più alle famiglie con un disabile a carico. Gravissima è stata la computabilità delle prestazioni economiche di natura assistenziale nel reddito familiare. Infatti, la pensione di invalidità, essendo considerata tra le entrate, riduce l’ammontare del reddito di cittadinanza.

Da tempo, ormai, la normativa italiana in materia di invalidità civile, si dimostra inadeguata. Le pensioni di invalidità sono misere e non garantiscono dignitose condizioni di vita. Inoltre, situazioni diverse, ricevono un analogo trattamento economico, violando palesemente i principi costituzionali. Più precisamente, l’invalidità sopravvenuta dovuta all’anzianità, viene da sempre equiparata alla più complessa invalidità dalla nascita o dalla prima infanzia. Un sistema nato per sostenere persone affette da gravi patologie, come le malattie neuromuscolari o altre gravi limitazioni fisiche e intellettive, è stato nel corso degli anni, snaturato ed utilizzato anche per affrontare il decadimento fisico connesso all’avanzare dell’età.

Dunque - per prima cosa - sarebbe necessaria una riforma che introduca un doppio canale: una pensione destinata alle invalidità tipiche della terza età e una pensione, di diversa entità e con autonoma disciplina, indirizzata, invece, alle gravi invalidità che si manifestano alla nascita o già dalla prima infanzia.


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