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Diamo una speranza all’Italia - dal blog di Marina Sereni

10 Gennaio 2019



Ogni giorno che passa diventa più chiara la posta in gioco nel congresso del Pd: ridare una speranza all’Italia. Serve un partito che sappia tornare ad essere protagonista della politica italiana e diventare, rapidamente, il catalizzatore di un’alternativa credibile a chi oggi governa il nostro Paese. 

Le ultime settimane hanno mostrato in un crescendo davvero impressionante la natura del Governo di Lega e 5S e i pericoli che abbiamo davanti a noi. 

Ripercorriamole rapidamente. Abbiamo concluso l’anno solare con uno sfregio al Parlamento, approvando la legge di stabilità senza che deputati e senatori - dell’opposizione ma anche della maggioranza- abbiano potuto esaminarla e discuterla come prevede la Costituzione. Un fatto di una gravità enorme, mai accaduto prima, che non poteva sfuggire e non è sfuggito al Presidente Mattarella nel messaggio di fine anno e che ora, per iniziativa dei senatori Pd, sarà oggetto di un pronunciamento della Consulta.

La democrazia parlamentare e rappresentativa è un meccanismo prezioso quanto delicato: si può (e si deve) riformare per renderla sempre più capace di avvicinare i cittadini, i corpi intermedi, le istituzioni locali al processo decisionale. Ma non si può e non si deve impedire al Parlamento di esercitare le sue prerogative perché così si rompe un equilibrio, si indebolisce gravemente la democrazia e si apre la strada, più o meno consapevolmente, a una preoccupante involuzione autoritaria.

Se penso che cinque anni fa il M5S metteva tra i suoi riferimenti un giurista raffinato e intransigente come Stefano Rodota’ mi domando cosa sia successo e stia succedendo in quel partito... E spero che in tanti, tra i cittadini e gli elettori, riflettano su questo.

La legge di Bilancio contiene due misure bandiera che, da sole, assorbono il grosso delle risorse della manovra: reddito di cittadinanza e quota 100 le cui modalità attuative  sono oggetto di un apposito provvedimento di cui ad oggi conosciamo molti elementi ma non il dettaglio normativo. Il Presidente della Repubblica ha espressamente fatto riferimento alla discussione su queste materie anche per riparare parzialmente il vulnus che si è prodotto con la mancata discussione della Legge di Bilancio.

Qualsiasi sia il giudizio complessivo sulla manovra di Bilancio - e il nostro è negativo perché manca una visione per la crescita e il lavoro all’altezza della situazione economica dell'Italia e dell'Europa - l’impatto finanziario di reddito di cittadinanza e quota 100 è talmente alto da rendere indispensabile un ragionamento sulla loro efficacia e sulla loro applicazione concreta. Molti studiosi, anche indipendenti, hanno sollevato dubbi sia sulla quantità delle risorse stanziate, a fronte di platee potenzialmente molto ampie, sia sulla possibilità di far funzionare  - in particolare per il reddito di cittadinanza - un impianto che, in teoria, punta contemporaneamente a contrastare la povertà e a promuovere l’inserimento lavorativo ma che rischia, nella realtà, di trasformarsi in puro assistenzialismo.

Hanno capito dalle parti del Governo che debbono predisporsi a discutere seriamente con le parti sociali e con le forze dell’opposizione nel merito di questi due temi? O sono preoccupati solo dei titoli dei tg, delle dirette Fb davanti ad un piatto di pasta, del timbro “Fatto” sopra un foglietto da pubblicare sui social?  Su questo dall’opposizione dobbiamo incalzare le forze della maggioranza e collegare il nostro dibattito congressuale al dialogo con le forze del mondo sociale e produttivo. Archiviamo definitivamente l’idea della politica che fa a meno dei corpi intermedi e riconnettiamo la nostra idea della sinistra a quelle realtà vitali del nostro Paese che vogliono battersi contro la povertà, per il lavoro, per l’equità tra le generazioni, per lo sviluppo sostenibile, a partire da quello del Mezzogiorno. Questo è uno dei punti qualificanti della proposta di Nicola Zingaretti e da qui può riprendere forza l’idea di un campo largo - di una Piazza Grande - per rilanciare il ruolo dei progressisti e dei democratici in Italia.

Salvini sta giocando tutte le sue carte su temi cari alla sensibilità della larga opinione pubblica come la sicurezza e l’immigrazione. Le preoccupazioni e le proteste dei Sindaci e dei Presidenti di Regione sono state derubricate da Salvini a  provocazioni politiche mentre sono semplicemente il segnale della debolezza del “decreto sicurezza”: un provvedimento che rischia di produrre nuove marginalità e illegalità e dunque, oltre a mettere in discussione principi e valori irrinunciabili sul piano del rispetto dei diritti umani, produrre nuovi elementi di insicurezza per le nostre comunità. È ora di denunciare questo uso spregiudicato del tema “sicurezza” e di chiarire che i pericoli per la convivenza civile e l’ordine pubblico in Italia si chiamano mafia, camorra, traffico di droga, corruzione, estremismo politico, rischi di terrorismo, violenza diffusa, femminicidi... Il Ministro degli Interni si tolga le divise delle forze dell’ordine, indossi i suoi vestiti, smetta di fare selfie e si occupi dei problemi reali della sicurezza del nostro Paese. Il messaggio culturale che Salvini sta seminando è devastante e pericoloso. La sinistra deve essere capace di unirsi per contrastare questa deriva. Le divisioni sono un regalo ad una destra arrogante e pericolosa il cui disegno travalica i nostri confini nazionali. Anche su questo il congresso del Pd dovrà consentirci un passo avanti, costruire le condizioni per una rinnovata unità. Infine una considerazione sui tempi. Le differenze tra Lega e M5S sul piano delle scelte di governo stanno emergendo in tutta la loro dimensione, in termini sia di valori che di opzioni concrete. Resisteranno a stare insieme per amore del potere ma aumenterà la competizione sul piano politico ed elettorale in vista delle europee e le tensioni si mostreranno in maniera sempre più evidente. Noi non possiamo essere semplici spettatori e farsi trovare preparati di fronte al fallimento politico di questo governo è un nostro dovere. Dare una guida al Pd, capace di voltare pagina e guardare avanti, è dunque il primo passo per fare la nostra parte. Con Zingaretti e un Pd nuovo - plurale, aperto, rinnovato - possiamo e dobbiamo ridare una speranza all’Italia.


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