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Molte parole, poche risposte. Alcune sbagliate - il blog di Marina Sereni

06 Giugno 2018

Difficile, direi impossibile, dare un giudizio compiuto sul Presidente del Consiglio Conte che tra ieri e oggi si è presentato in Parlamento per ottenere la fiducia. Assolutamente impossibile poi aggiungere qualcosa di originale e intelligente rispetto a quanto abbiamo potuto leggere questa mattina negli editoriali dei principali quotidiani (mirabile, da non perdere proprio, quello di Francesco Bei su La Stampa). Ci vorrà tempo per capire la personalità e il ruolo di questo “cittadino” mai prima impegnato in politica chiamato a fare il “garante” del patto di governo stipulato tra Lega e 5S. Certo è che siamo di fronte ad un’anomalia, che produce interrogativi, non necessariamente fondati su pregiudizi, sulla capacità di questa figura di esercitare pienamente il ruolo di guida politica che la Costituzione gli assegna. Staremo a vedere, soprattutto guardando alle scadenze internazionali importanti che lo attendono e che sono cruciali per il nostro Paese.

 

Per il momento dunque non resta che stare alle sue parole, al discorso pronunciato ieri al Senato per illustrare le intenzioni del Governo. Ecco, qui casca l’asino. Quel discorso presenta innanzi tutto molti vuoti: le politiche per il Sud o per la cultura o per le infrastrutture, solo per citare tre temi particolarmente significativi per disegnare la qualità dello sviluppo del nostro Paese. In secondo luogo in quel discorso ci sono molte buone intenzioni – più lavoro, pensioni e salari più alti, più servizi per le persone, meno tasse, più sicurezza – ma non c’è né una cifra né un ordine di priorità. Quanto costa quel programma di governo? Come si finanziano la flat tax, il superamento della Fornero, il reddito di cittadinanza? Non chiarire come, in che tempi e con quali strumenti il Governo pensa di realizzare queste scelte getta un’ombra di incertezza sulla nostra affidabilità. Un Paese con 2300 miliardi di Euro di debito, e che ogni anno deve trovare compratori sul mercato per 400 miliardi, non può permettersi di suscitare allarme tra gli investitori e tra coloro che debbono prestarci i loro denari per mantenere la nostra spesa pubblica. Lo spread di oggi ci dice che questo allarme c’è. Non c’è nessun complotto, non c’è nessun potere forte che gioca contro di noi. Aver escluso a parole la prospettiva dell’uscita dall’Euro non ci mette al riparo dal rischio di entrare nuovamente in una spirale di instabilità e di speculazione finanziaria. Chi oggi assume la responsabilità del governo deve dare urgentemente risposte chiare, comprensibili, non ambigue su cosa vuole davvero fare e dove pensa di trovare le risorse. Infine nel discorso di Conte ci sono degli elementi di discontinuità che suscitano più di una preoccupazione: dire che si sta convintamente nell’Alleanza Atlantica e nell’Unione Europea e poi affermare di voler proporre il superamento delle sanzioni alla Russia o l’abbandono della missione internazionale in Afghanistan (tra l’altro nell’anno delicatissimo delle elezioni parlamentari) non aiuta certo a rafforzare l’Italia nel mondo. Noi siamo un grande Paese, fondatore dell’Unione. Possiamo essere protagonisti di un cambiamento in Europa e della costruzione di processi di pace e di cooperazione nel Mediterraneo se non ci isoleremo dai nostri alleati e partners. Il Pd ha motivato, con molti ed efficaci interventi, le ragioni della nostra opposizione. Bene, abbiamo usato argomenti di merito, mostrando che si può essere diversi, che si può dare battaglia politica nelle istituzioni senza demonizzare gli avversari. Dovremo portare i nostri punti – sul Reddito di Inclusione da aumentare, sul sostegno alle famiglie con figli, sull’equità fiscale, sull’ambiente –  nel territorio e far crescere una mobilitazione sociale nel Paese. A loro tocca di governare, a noi tocca di incalzare in maniera intransigente cercando di rendere evidente un nuovo Pd e un nuovo campo progressista. Non abbiamo alternative: siamo chiamati a ripartire dall'opposizione, per proporre una visione diversa che vada anche oltre la nostra positiva stagione di governo. Possiamo farlo, cercando l’aiuto di tanti nella società italiana.

 


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