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Intervento svolto in Senato del Sen. Mirabelli durante la discussione sull’informativa sulla situazione in Siria

17 Aprile 2018


Signor Presidente, colleghi, Presidente del Consiglio, Ministri,

vogliamo ribadire innanzitutto, in occasione di questo dibattito, il nostro pieno sostegno e la condivisione del Partito Democratico delle scelte fatte dal Governo italiano in queste giornate difficili. Voglio subito ringraziare il presidente Gentiloni per la chiarezza con cui ha illustrato in questa Aula le ragioni e la sostanza delle scelte fatte.
In primo luogo, vi è la solidarietà nei confronti degli alleati che, di fronte all'inaccettabile utilizzo delle armi chimiche da parte del regime siriano, hanno reagito bombardando obiettivi definiti.
È stato un intervento sanzionatorio che, per stessa dichiarazione di USA, Francia e Gran Bretagna, resta circoscritto a questo obiettivo. In secondo luogo, contrarietà a ogni ulteriore escalation militare. Terzo, l'impegno a dare forza alle iniziative di pace, chiedendo a tutti Paesi di assumersi la responsabilità di favorire una soluzione pacifica dei conflitti, lavorando già a partire dalla conferenza di Bruxelles prevista per il 24 e il 25 aprile e soprattutto dal sostegno al lavoro dell'inviato dell'ONU Staffan de Mistura.
Credo che debba essere chiaro a tutti che c'è un punto su cui - ne sono certo, sarebbe grave il contrario - in quest'Aula c'è un giudizio unanime: la ferma condanna dell'uso delle armi chimiche.  La responsabilità di questa crisi - dobbiamo dircelo - è soprattutto di chi le ha usate. La reazione che ha portato al raid militare sta qui, nel sanzionare l'uso delle armi chimiche e nel dire che la comunità internazionale non è disposta a tollerare l'utilizzo di questi strumenti di morte. Non sappiamo se questa sia la prima volta nello stesso conflitto siriano, che dura ormai da sette anni, in cui sono state usate armi chimiche; probabilmente non è così. Certamente questo episodio conferma che la distruzione delle armi chimiche e degli arsenali di armi chimiche dichiarata dal regime di Assad non è avvenuta e che l'aver impedito fino a ora l'accesso ai controlli degli organismi internazionali su questo non è stata una scelta casuale. Si sono violati tutti i trattati internazionali che proibiscono l'utilizzo di armi chimiche e si sono usate armi che colpiscono i civili, uccidono i più deboli (donne e bambini) e provocano inaccettabili sofferenze. Era ed è giusto dare un segno tangibile del fatto che la comunità internazionale non può consentirne l'uso.
Certo, questa vicenda mostra la necessità di fare di più per arrivare al più presto al bando totale delle armi chimiche, ma anche quella di dare più forza all'ONU e agli organismi internazionali, che, sia nella ricerca delle soluzioni diplomatiche come nel sanzionare la violazione delle convenzioni e dei diritti, sono rallentati, se non paralizzati, dai veti degli Stati nazionali. Addirittura, la continua messa in discussione, a cui stiamo assistendo, della credibilità delle stesse Nazioni Unite rischia di delegittimare ancora di più l'azione comunque indispensabile che svolgono.
La scelta del Governo italiano (mi pare ampiamente condivisa nel Paese) di non partecipare all'attacco su Damasco, di non dare sostegno, né diretto, né indiretto, all'azione militare, pur riconoscendone le ragioni, è una scelta coerente, che si sostiene sull'idea di fare del nostro Paese, anche per la sua collocazione, un soggetto propositivo in Europa e nell'Alleanza atlantica, per sostenere e rafforzare l'azione diplomatica. Chi oggi mette in discussione la nostra collocazione e le nostre alleanze rischia di indebolire, anziché rafforzare, il nostro ruolo, che può e deve essere un ruolo di pace. Siamo e restiamo convinti, ancora di più dopo sette anni di conflitto in Siria, che a risolvere le questioni e a costruire le condizioni per la pace non saranno le armi. L'ha detto e l'ha ribadito bene il presidente Gentiloni. Non saranno le armi, ma la trattativa, la diplomazia e il dialogo. Ha fatto bene il Presidente a sottolineare come, per sette anni, questa sia stata la bussola della nostra politica estera e la posizione che abbiamo portato avanti con autonomia, spesso poco ascoltati.
La guerra in Siria è solo l'evento più doloroso ed eclatante in un contesto che fa di quella parte del mondo una vera e propria polveriera. Il conflitto israeliano-palestinese, la questione curda, i conflitti tra sciiti e sunniti, l'instabilità in Libano fino a quella della poco lontana Libia sono vicende che si intrecciano e che possono mettere concretamente a rischio la pace nel mondo, se non sapremo scegliere la strada della diplomazia. Noi abbiamo, anche per questo, tutto l'interesse a lavorare in ogni sede internazionale perché si rafforzi la via diplomatica.
La stessa Unione europea potrebbe e dovrebbe essere capace di un'iniziativa comune, esprimendo una politica estera e di difesa comune. L'interesse internazionale dell'Italia sta nello spingere tutti gli attori, regionali e globali, affinché mettano al primo posto diplomazia e dialogo e sostengano l'inviato dell'ONU de Mistura. Serve un'Italia pienamente protagonista in Europa per rafforzare il ruolo dell'Unione e far pesare di più l'impegno umanitario e politico che già oggi esprime. Serve per produrre una svolta positiva che faccia prevalere in tutti, a partire da Russia e Stati Uniti, un senso di responsabilità consapevole dei rischi e delle necessità, ma soprattutto con la consapevolezza che, ormai da sette anni, il conflitto siriano ha prodotto una gigantesca e drammatica emergenza umanitaria che va affrontata con maggiore decisione. Tregue e corridoi umanitari si sono finora rivelati insufficienti di fronte alla gravità della situazione. Credo che le sofferenze di tanti bambini, di tante donne, di tante persone civili indifese, lasciate alla mercé della guerra, debbano pesare sulle nostre coscienze e spingere la comunità internazionale a fare di più, da subito, come richiamava la senatrice Bonino, per evitare nuovi stragi.
Presidente Gentiloni, pensiamo che il suo Governo abbia in questo frangente difficile fatto le scelte giuste, restando ancorato ai principi che hanno guidato la politica estera e la diplomazia italiana, muovendosi con autonomia nel quadro delle alleanze e nel campo in cui ci siamo sempre riconosciuti, continuando a sostenere però la necessità di dialogare con la Russia, sfidandola, richiamandola alle proprie responsabilità, chiedendo l'impegno della stessa Russia per imporre al regime siriano di applicare le risoluzioni dell'ONU, che esso continua a non applicare. Qualunque sia l'esito delle trattative in corso per il Governo, ci auguriamo che questi restino punti fermi per chiunque governerà. La crisi internazionale di questi giorni e di queste ore ci dice però anche con grande chiarezza che il Paese e l'Italia non può permettere posizioni ambigue o, peggio, diverse, sul tema della collocazione internazionale e delle alleanze. Per quanto ci riguarda, questo tema diventa rilevante per tutte le scelte future di questo Parlamento. 
 

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