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Elezioni 2018, Mirabelli ad Affaritaliani.it: ecco perché il Pd ha perso

08 Marzo 2018

 
"Ci sarà tempo e modo per una valutazione più attenta dei risultati elettorali del 4 marzo e dei suoi effetti. Ma sicuramente hanno cambiato profondamente il quadro politico del nostro Paese e alcune riflessioni vorrei provare a farle.
Quello delle elezioni politiche è certamente un dato che sottolinea ancora una volta il disagio e la sfiducia nella politica che si sta radicando in una parte importante del Paese e che si è tradotto soprattutto in un voto contro più che in un voto sulle cose fatte e sulle proposte. Ed è evidente che proprio dove le persone stanno peggio, hanno subito più duramente gli effetti della crisi, vivono di più la precarietà di un futuro incerto, noi della sinistra abbiamo perso.
Come in tutta Europa, non riusciamo ad essere credibili proprio nell’assolvere al compito prioritario per le forze progressiste: quello della protezione delle persone più deboli ed esposte alla crisi.
Tutto ciò nonostante che, in questi cinque anni, i Governi guidati dal PD abbiano fatto molto e ottenuto risultati importanti che hanno rimesso in sesto l’economia italiana e realizzato riforme proprio in direzione della giustizia sociale e a favore delle fasce più deboli.
Aver subito una pesante sconfitta, nonostante i risultati ottenuti e le risposte impostate per il futuro, significa non essere stati rassicuranti per chi non ha ancora vissuto sulla propria pelle gli effetti delle riforme.
 A ciò si aggiungono le condizioni a volte drammatiche in cui versa una parte del Mezzogiorno, in cui la politica continua ad avere le forme e i comportamenti del passato che spesso sono orientati più al potere autoreferenziale che non al bene dei cittadini.
Dall’altra parte, governare meglio un fenomeno epocale come quello migratorio, per esempio riducendo gli sbarchi, non è servito a impedire che la rabbia e il rancore - che con la crisi sono cresciute nel Paese - si concentrassero lì dove i teorici di una inesistente invasione volevano e dove non siamo riusciti a contrastare i sentimenti di paura e chiusura che minano la nostra stessa convivenza civile.
Certo le divisioni a sinistra, la scissione e i litigi autoreferenziali, incomprensibili per i cittadini, hanno contribuito in modo importante a minare la credibilità dell’intero campo progressista.
Certamente l’Europa, percepita come un’istituzione più orientata a creare e far rispettare regole burocratiche che al benessere delle persone, ha contribuito ad un risultato che ha premiato chi ha voluto enfatizzare questo dato.
Per questo oggi, la ricostruzione del centrosinistra non può che passare da un ritorno in quelle periferie urbane e sociali che si sono sentite abbandonate, dove c’è più bisogno di attenzione e di risposte e dove la distanza dalla politica e dalle istituzioni producono solitudine in chi ha maggior bisogno di protezione.
Milano, in questo quadro molto negativo, fa eccezione. Il centrosinistra ha vinto in città con Gori e qui, unico luogo nel Nord Italia a parte il Trentino, ha eletto suoi rappresentanti in tre collegi uninominali della Camera dei Deputati e uno al Senato.
Questo risultato è sicuramente il frutto positivo di una esperienza originale di un’alleanza progressista che da sette anni governa la città guardando al suo futuro, innovando e modernizzando senza mai perdere di vista la priorità di intervenire dove c’è bisogno di aiuto, di non lasciare soli i cittadini in difficoltà e dove c’è da costruire convivenza. Un’esperienza positiva in cui la politica è al servizio della città e ha saputo coinvolgere la parte più attiva di Milano nel governo e nella costruzione del futuro.
Ma anche qui il voto ci dice che serve fare di più nelle periferie, che troppi quartieri popolari versano in condizioni di degrado e si sentono abbandonati, che serve sostenere ancora di più quella rete sociale che tanto sta aiutando e che dobbiamo tornare lì, proprio nelle periferie, ad ascoltare e ad aiutare. Ma anche che gli interventi concreti contro il degrado non possono più essere rinviati ma devono essere sempre più una priorità: il segno tangibile della volontà di mettere al servizio dei più deboli i frutti del successo della città. Di una città in cui nessuno deve restare solo."
 
 

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