Ha fatto bene il segretario del Pd a scegliere questa cifra, a mantenere la nostra ferma reazione alla violenza razzista di questi giorni sul piano della politica seria e responsabile e a non accendere altri fronti polemici.
Tuttavia non ci sfugge che questo non basta per isolare e sconfiggere gli “imprenditori della paura” il cui lavoro è molto più semplice del nostro. Ovunque andiamo infatti troviamo persone che manifestano malessere, insoddisfazione, insicurezza per i motivi più diversi: il lavoro che non c’è o è di bassa qualità, i servizi che non funzionano come dovrebbero, le tasse troppo alte, la pensione troppo bassa... Di questo malcontento sociale l’immigrato è spesso il parafulmine più vicino, nulla di più del classico “capro espiatorio”. E d’altra parte – come non mi stanco mai di dire – anche se le statistiche ci parlano di un Paese che si è finalmente rimesso in moto le persone davvero in difficoltà sono ancora tante e le diseguaglianze ancora troppo forti.
Allora cosa dobbiamo e possiamo fare? Misurarci di più con questa domanda di maggiore equità, guardare più da vicino le aree del lavoro povero e incerto, le famiglie con meno sicurezze, le aziende con meno strumenti di fronte ai mercati globali. Di questi temi ci siamo molto occupati dal governo, con misure contro la povertà, per l’inclusione sociale, per le famiglie più numerose, per il lavoro dei giovani, e anche nel nostro programma elettorale abbiamo avanzato ulteriori proposte in questa direzione. Non tutte queste azioni hanno pienamente dispiegato la loro efficacia e spesso gli stessi attori – istituzionali e sociali – che dovrebbero conoscerle fanno una certa fatica a mettere a frutto queste nuove opportunità. Con il risultato che chi si trova in difficoltà si sente solo e abbandonato. Da qui spesso nascono la rabbia e lo sconforto.
Ecco, questo mi sembra un nodo cruciale: come facciamo a mettere in rete tutte le energie che nel territorio – in ogni territorio spesso in modo diverso – possono agire per realizzare concretamente passi avanti nella direzione dell’equità, della buona occupazione, dell’inclusione sociale dei più deboli. In una parola come facciamo a ritessere legami di comunità, ad evitare che la solitudine si trasformi in rabbia e malcontento contro tutto e tutti. Penso che con questo spirito dobbiamo avvicinare le persone in questa campagna elettorale, provando ad unire tutti coloro che sono disposti ad essere “costruttori di comunità” per sconfiggere la paura.
Concludo con le parole con cui il Presidente Mattarella si è rivolto ai trenta cittadini e cittadine cui ieri ha conferito l’onorificenza al merito della Repubblica: “Non mi stanco mai di sottolineare come l'Italia abbia bisogno di sentirsi una comunità di vita in cui tutti siamo legati da sorte comune, in cui si vive insieme agli altri, non con diffidenza, ma vivendo insieme. E questo senso di comunità, questo senso dell'importanza degli altri è il contrario dell'egoismo, quell'egoismo che poi porta inevitabilmente alla diffidenza, all'ostilità, all'intolleranza e qualche volta alla violenza.”