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Pinotti: Difesa europea, siamo pronti - intervista al ministro di Famiglia Cristiana

02 Novembre 2017

«A dicembre, a Bruxelles, ulteriori passi avanti». Terrorismo, atomica, spese militari, armi ai Paesi del Golfo: le questioni spinose.




di Annachiara Valle

L’ufficio del ministro è al lavoro. I cent`anni da Caporetto, «da quella sconfitta che si sta trasformando in vittoria», sono appena alle spalle. E si guarda al 4 novembre, festa dell`Unità d`Italia e delle Forze armate. Una celebrazione che cade all’indomani dei referendum di Lombardia e Veneto per una maggiore autonomia dal resto d`Italia. Roberta Pinotti non si scompone: «Non metto all`indice le richieste di maggiore autonomia. Penso che gli egoismi localistici siano antistorici».

 

Ma c`è chi preme per dividere…
«Il 4 novembre viene scelta come data per la Festa dell`Unità nazionale e delle Forze armate e per ricordare l`importanza della Patria dopo la vittoria nella Prima guerra mondiale. Ricordando Caporetto, molti commentatori hanno sottolineato che la sconfitta è stata drammatica, ma pose le condizioni per l`importante vittoria avvenuta pochi mesi dopo. Da quel momento, in Italia, finalmente diventata nazione, è nata una voglia di riscatto nazionale che ha reso il Paese unito. Sono passati cent`anni da allora e penso che l`idea della divisione dell`Italia sia da allontanare. Un conto è l`autonomia pensando che la democrazia e la nazione possano funzionare meglio regolando diversamente i poteri locali e centrali, un altro la divisione. I movimenti che spingono a immaginare che, se ci restringiamo nel piccolo, diventa più facile superare le difficoltà, non solo sono negativi ma non portano alla soluzione dei problemi. Le questioni epocali che noi abbiamo di fronte, pensiamo a migrazioni o terrorismo, possono essere affrontate soltanto integrandoci di più, rendendo più forte il lavoro comune degli Stati, delle Forze armate, dell`Intelligence, delle nostre forze di polizia».

 

Sicurezza: come ci stiamo muovendo nei contesti internazionali?
«Per quanto riguarda la sicurezza l`Italia ha sempre scelto di agire in contesti multilaterali. Le nostre sono missioni europee, Nato e Onu. È una scelta ben precisa perché pensiamo che, sia sotto un profilo di politica estera sia da un punto di vista di scelte di sicurezza, il multilateralismo sia un valore fondamentale. È una scelta opposta all`idea di chiusura e restringimento a questo guardare solo al giardino di casa. Per questo siamo stati tra i protagonisti di una proposta molto forte per andare avanti sui temi della difesa europea insieme ai ministri (tutte donne, ndr) di Francia, Germania e Spagna. Presto ci saranno incontri tra i ministri della Difesa e degli Esteri dei Paesi europei per avviare le cooperazioni strutturate permanenti. Il 14 e il 15 dicembre, a Bruxelles, al Consiglio europeo con i capi di Stato e di Governo, sono fiduciosa che queste decisioni saranno formalmente approvate».

 

Dove sono le nostre missioni?

«Siamo presenti in Libano, Afghanistan, Iraq e nei Balcani, per citare quelle numericamente più consistenti. Abbiamo una presenza importante nel Mediterraneo con la missione nazionale Mare sicuro e partecipiamo avendone la guida alla missione europea Eunavfor rned-Sophia. Siamo presenti anche in Libia con un ospedale militare a Misurata, a Tripoli stiamo aiutando i libici a recuperare i loro mezzi navali fermi da anni. La nostra Marina nell`ambito della missione Sophia sta addestrando la Guardia costiera a Taranto».

 

In Libia abbiamo anche incursori?
«Abbiamo medici che curano militari e cittadini libici e tecnici della Marina che supportano i libici al recupero del loro naviglio».

 

A livello internazionale, con quello che sta succedendo in Corea, la preoccupa l`escalation nucleare?
«Si, certo. Mi preoccupa il fatto che si sia passati da trattative importanti per la diminuzione degli arsenali nucleari a una situazione di rischio, di incremento. È un pessimo segnale. Spero che il lavoro fatto sino a ora sul processo di non proliferazione delle armi nucleari possa ripartire e che si possa lavorare su una diminuzione concordata. Tutti sappiamo che un conflitto nucleare sarebbe una follia. Solo attraverso un costante dialogo tra tutti gli attori in campo si può trovare una soluzione pacifica».

 

Spera che l`Italia possa firmare il trattato di non proliferazione delle armi nucleari?
«L`Italia ha già firmato accordi di non proliferazione nucleare, pensiamo alla legge 131 del 24 aprile 1975, entrata in vigore il 2 maggio successivo. L`Italia non ha un arsenale nucleare e non intende dotarsene. È tuttavia difficile immaginare che nel momento in cui una parte aumenta il suo arsenale l`altra lo diminuisca. Di fronte al fatto che Paesi come la Corea del Nord perseguono la dotazione di un armamento nucleare, sarebbe irresponsabile non avere una difesa adeguata. Bisogna fare come fecero Russia e Usa. Nessuno dei due Paesi avrebbe diminuito i propri arsenali unilateralmente, lo hanno fatto in modo concordato. Pensare che si possa fare qualcosa unilateralmente è irrealistico. L`Italia ha sempre cercato di far ripartire il dialogo in questo senso».

 

Ma in Italia ci sono armi nucleari americane. A Ghedi, ad Aviano…
«L`Italia non possiede armi nucleari, è uno Stato membro della Nato e, quindi, all`interno dell`Alleanza esiste anche questo tipo di capacità».

 

I cacciabombardieri F-35 sono arrivati, abbiamo portaerei. Si spende tanto…
«Noi abbiamo stabilizzato la spesa attorno all`1,2% del Prodotto interno lordo. La Nato come è noto ci chiede il 2% rispetto al passato, in cui ci sono stati anche tagli draconiani, noi abbiamo tenuto insieme le esigenze del Paese che hanno riguardato  il superamento della crisi e la difesa dello stesso».

 

Nel Libro bianco si parla di difesa di interessi nazionali nel mondo. Ci stiamo riferendo al gas e petrolio?
«Stiamo parlando, per esempio, di libertà di navigazione sui mari. Abbiamo avuto un momento piuttosto drammatico per quanto riguarda il nostro commercio sui mari perché quando il fenomeno della pirateria era molto esteso e c`erano navi abbordate e sequestrate, le nostre navi mercantili pensavano addirittura di circumnavigare l`Africa per evitare di passare da certi mari. Abbiamo partecipato a missioni antipirateria europee e Nato e il fenomeno è stato abbattuto. Questo è un modo di salvaguardare l`interesse nazionale. Petrolio e gas? Certo anche questi sono interessi nazionali, uno degli obiettivi della missione Mare sicuro è la salvaguardia delle installazioni nazionali in mare. Interventi resisi necessari nel momento di espansione del terrorismo fondamentalista. Fortunatamente non siamo mai dovuti intervenire».

 

A proposito di terrorismo, c`è chi accusa l`Italia di fare affari con il Qatar considerato, da parte di molti Stati arabi, un finanziatore dei fondamentalisti. Cosa ne pensa?
«Il Qatar fa parte come noi e altri Paesi della coalizione contro l`Isis e contribuisce agli sforzi internazionali per contrastare le fonti di finanziamento del terrorismo. E, recentemente, ha varato una legge molto severa per impedire a singole persone o fondazioni tale possibilità. Questa scelta è anche conseguente all`importante attività fatta da uno dei gruppi di lavoro della coalizione internazionale antiterrorismo che ha analizzato quali sono state le fonti di finanziamento del terrorismo. Della commissione ha fatto parte anche l`Italia, con la nostra la Guardia di Finanza».

 

Torniamo a casa nostra. Continuerà l`operazione Strade sicure?
«In questi anni l`operazione si è significativamente sviluppata anche perché richiesta dai sindaci e dai cittadini. La presenza di militari a presidio dei luoghi sensibili dà sicurezza, conforto, tranquillità ai cittadini. A me questo fa molto piacere perché uno degli obiettivi principali che mi ero data nell`assumere la responsabilità di questo dicastero era proprio quello di far cadere i muri di diffidenza tra le Forze armate e la popolazione in generale. Sia l`operazione Strade sicure che gli interventi immediati, efficienti e molto umani dei militari in situazioni d`emergenza come le alluvioni e i terremoti hanno fatto evolvere in positivo la percezione che la cittadinanza italiana in generale ha del lavoro e delle Forze armate».

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