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Perché il nuovo Codice Antimafia è una buona legge - dal blog di Franco Mirabelli sull'Huffington Post

03 Ottobre 2017


La Camera dei Deputati ha recentemente approvato la riforma del Codice Antimafia che, dopo 35 anni introduce norme importanti, soprattutto sui beni confiscati e le misure di prevenzione, necessarie per contrastare sempre meglio la criminalità organizzata che, nel corso di questi anni, è cambiata, si vede meno, spara meno ma, soprattutto al Nord, si sta insediando e inquina, con i proventi delle attività criminali, l’economia legale. 
La recente inchiesta che ha portato all’arresto del sindaco di Seregno dimostra come le mafie - la ‘ndrangheta in particolare - riescano a condizionare la politica e l’economia. 
Il nostro Paese ha in questi anni ha costruito una legislazione efficace per contrastare le mafie, che ci ha consentito di dare loro colpi pesantissimi e che è diventata un punto riferimento per molti altri Paesi. 
Tra le norme antimafia, la legge che porta il nome di Pio La Torre è certamente quella che ha contribuito di più a indebolire le mafie, unitamente all’istituzione del reato di associazione mafiosa e alle leggi che favoriscono i pentiti e i testimoni di giustizia. 
La Legge Rognoni-La Torre consente la confisca preventiva dei patrimoni dei mafiosi e non solo li toglie alla loro disponibilità prima che possano occultarli ma, soprattutto, restituisce quei beni allo Stato e alla società, consentendo di riutilizzarli per fare l’interesse pubblico. 
In questi anni, dal 1980 a oggi, sono stati confiscati alle mafie e restituiti alla società 12.500 beni di cui 11.600 immobili e 876 aziende. A ciò vanno aggiunti 23.692 beni confiscati ma non ancora assegnati. Un patrimonio enorme tolto ai criminali grazie allo straordinario lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine, che deve essere gestito meglio. Sono troppi, infatti, i beni che restano inutilizzati per molto tempo prima di essere assegnati e che per questo spesso degradano o vengono danneggiati dalla stessa criminalità per impedirne l’uso. Sono troppe le aziende che una volta confiscate falliscono, con la conseguente perdita di posti di lavoro e il rischio che passi un messaggio pericoloso secondo cui lo Stato non riesce a garantire ciò che garantiscono le mafie. 
Di fronte a questi problemi serviva riformare il ruolo dell’Agenzia per i beni confiscati, creare procedure trasparenti che consentissero di utilizzare immediatamente i beni e di far ripartire le aziende, salvaguardare l’occupazione di quelle che sono fuori mercato, aumentare i controlli. 
Dopo un lungo lavoro che ha coinvolto tutte le associazioni interessate e i magistrati che si sono occupati in questi anni delle misure di prevenzione e che ha visto nella Commissione Parlamentare Antimafia il motore, il Parlamento ha approvato una legge che tutti riconoscono come in grado di dare risposte importanti a quei problemi basandosi sulle esperienze più positive di questi anni. 
I magistrati per le misure di prevenzione si occuperanno di garantire che le aziende non chiudano e, fino alla confisca definitiva, avranno la responsabilità di verificare il lavoro degli amministratori giudiziari, destinare subito dopo il sequestro i beni perché siano utilizzati immediatamente, incentivare l’assunzione dei lavoratori delle aziende che si decide di liquidare perché non hanno mercato, garantire la prosecuzione dell’attività delle aziende che hanno appalti a condizione che cambino il management. L’Agenzia, che fino alla confisca definitiva non entra in possesso del bene o dell’azienda, dovrà specializzarsi per fornire competenze e consulenze che consentano agli amministratori giudiziari di gestire al meglio le aziende e coinvolgere associazioni e Enti Locali nelle scelte di indirizzo da intraprendere. 
Queste sono solo alcune delle riforme introdotte con questa legge che renderà più semplice il riutilizzo di un patrimonio enorme – quale è quello dei beni confiscati - che, se utilizzato al meglio, come dimostrano molte esperienze di tanti Comuni, può contribuire a creare opportunità abitative, per i servizi e la sicurezza.
L’articolo 1 di questa legge ha suscitato polemiche in quanto estende le misure di prevenzione patrimoniale anche a chi compie alcuni reati contro la Pubblica Amministrazione. In sintesi sarà possibile confiscare preventivamente i beni che si pensa siano frutto di reati come la corruzione.
Non credo, tuttavia, che quell’articolo possa e tantomeno che debba cancellare o far passere in secondo piano il valore della riforma del Codice Antimafia, che ho cercato di riassumere. 
Credo si possa discutere di questa scelta che, comunque, a mio avviso ha una sua coerenza: occorre, infatti, mettere in sicurezza ciò che è stato sottratto alla Pubblica Amministrazione. In ogni caso, questa non può essere presentata come una scelta non garantista, innanzitutto perché non è applicabile, come si vuol far credere, per reati come il peculato d’uso o l’abuso d’ufficio e per la confisca serve un indizio concreto di colpevolezza e che ci sia un reato associativo. In secondo luogo, ci si è dimenticati di sottolineare come, complessivamente, la nuova legge aumenti e non diminuisca le garanzie per l’accusato: prevede la possibilità di giustificare l’acquisto, apparentemente sproporzionato rispetto al reddito dichiarato, dimostrando la lecita provenienza del bene; il provvedimento di sequestro viene preso da un organo collegiale (mentre nel procedimento penale è adottato da un giudice monocratico); il provvedimento può essere impugnato e la confisca e decisa in un’udienza che si celebra nel contraddittorio. 
Alcuni magistrati hanno ritenuto di dover criticare questa scelta perché, dal loro punto di vista, la norma contenuta nell’articolo 1 sarebbe inutile, dato che allo stesso risultato si può arrivare utilizzando altre norme già vigenti. Opinione legittima. Verificheremo nei prossimi mesi il funzionamento della legge. Ciò che, però, credo sia sbagliato è presentare, come ho cercato di spiegare, questa riforma come una legge liberticida e l’associazione tra mafia e corruzione come un’assurdità, dimenticando quanto le due cose siano spesso connesse, come dimostrano anche le recenti inchieste, e che per il Paese la corruzione costituisce un problema grande che toglie troppe risorse alla collettività.
Resta il fatto, comunque la si pensi, che questa riforma del Codice Antimafia è una buona legge, che serve al Paese e darà più forza alla lotta alle mafie proprio sul terreno su cui oggi si gioca la sfida decisiva.

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