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Fassino: obiettivo del PD è rilanciare la crescita e modernizzare l’Italia - intervista a l’ex sindaco di Torino de la Repubblica

03 Luglio 2017

interessati alle alleanze ma serve una cultura riformista


Andrea Orlando ha lanciato un allarme: “Se il centrosinistra continua a dividersi, vince la destra”. Piero Fassino, si sta sbagliando strada?

«Credo che ieri sia cominciato un percorso il cui approdo finale dipenderà dalle scelte che ciascuno degli attori farà in questi mesi. Renzi ha detto una cosa chiara: il Pd è nato per dare all’Italia un partito capace di realizzare un programma di riforme che cambino in meglio il Paese. Noi intendiamo portarle avanti».

 

Alcune sono state molto criticate da Bersani e Pisapia. Questo rende le cose più difficili? «Le alleanze non si fanno su base ideologica, ma su un progetto di governo condiviso. L’obiettivo del PD è rilanciare la crescita, modernizzare l’Italia, ridefinire le politiche europee in senso solidale, occuparsi dei giovani e del loro futuro, combattere le diseguaglianze, gestire criticità come immigrazione e sicurezza».

 

Titoli condivisi a sinistra, ma con ricette opposte. Questo la preoccupa?

«Il problema è la coerenza degli obiettivi. E oggi su temi importanti le posizioni sono lontane. Tuttavia, non mettiamo il carro davanti ai buoi. Dopo mesi di divisioni e polemiche, non si poteva pensare che in un giorno di luglio da due manifestazioni parallele potesse nascere di colpo un’alleanza. Il tempo dirà se ci sono le condizioni e come, anche alla luce di quale legge elettorale ci sarà. Noi siamo interessati a costruire un percorso di centrosinistra, non abbiamo nessuna pretesa di autosufficienza, ma qualsiasi alleanza deve essere ispirata da cultura riformista».

 

Che vede mancare?

«Crediamo in una sinistra che abbia un’ambizione di governo, non minoritaria, che non si ponga continuamente il problema di salvarsi l’anima. Ius soli, unioni civili e “dopo di noi” sono o no leggi di sinistra?

 

Il Jobs Act, comunque lo si giudichi, ha favorito quasi 800mila nuovi contratti di lavoro. Non sono sufficienti? Parliamone, ma non si può definirlo un fallimento».

 

Mdp è nata su questo.

«Mi auguro che non ci sia una regressione minoritaria. Le faccio un esempio: con Bersani e con i compagni che hanno lasciato il Pd abbiamo sempre condiviso il sostegno alle missioni internazionali di pace. Adesso vedo che le si vorrebbero mettere in discussione. Non è un aspetto marginale per chi voglia guidare un Paese capace di assumersi responsabilità internazionali essenziali».

 

Lei continua a credere in una coalizione di centrosinistra? «Partiamo da valori comuni: democrazia, solidarietà, giustizia, eguaglianza. Valori che vanno declinati in politiche concrete. È questo il campo del confronto, è questo che fa la politica».

 

Renzi ha parlato della storia dell’Unione come di un fallimento. Cos’ha pensato?

«Tra il 2001 e il 2006 con l’Ulivo vincemmo tutte le elezioni. Le amministrative, il Friuli con Illy, le europee del 2004, le regionali e poiseppur di poco le politiche. Ma capimmo anche che un Ulivo solo “coalizione” era troppo fragile e decidemmo di dar vita al PD. Se oggi guardo alle ragioni per cui dieci anni fa facemmo quella scelta, sono tutte ancora più valide di allora».


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