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La lotta al terrorismo passa per la cooperazione tra gli stati - intervista a David Sassoli di EastWest.eu

25 Maggio 2017



Il terrorismo continua a colpire l’Europa al cuore. Questo ultimo attacco a Manchester è stato un macigno sull’entusiasmo dei più giovani, la libertà, la musica e il divertimento. Gli ultimi attacchi si sono concentrati a ridosso di due appuntamenti importanti come le elezioni francesi e quelle britanniche come a voler destabilizzare l’equilibrio politico dell’Ue. Intervistiamo David Sassoli.


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Ma nel caso della Francia la paura non ha preso il sopravvento e non ha influenzato la popolazione nel voto verso forze euroscettiche, populiste e di estrema destra come il Front National che sarebbe potuto essere un duro colpo all’Europa. Anche se i governi Ue non possono assolutamente considerare la vittoria di un’europeista come Macron come alibi e adagiarsi sullo scampato pericolo per non cambiare il passo dell’Ue. Secondo uno studio recentemente pubblicato dall’European Policy Centre (EPC) insieme all’European Foundation for Democracy (EFD) e il Counter Extremism Project (CEP) “The Challenge of Jihadist Radicalisation in Europe and Beyond”, il fenomeno di spinta alla radicalizzazione può essere capito come una sorta di “socializzazione al terrorismo” che dà la possibilità o ha il potenziale di far “manifestare se stessi nel terrorismo”.

Per contrastare questo fenomeno attraverso politiche Ue efficaci, si deve agire dal punto di vista della politica estera

Urgente, secondo i ricercatori, una conoscenza più approfondita anche dei fattori chiave del jihadismo nei territori esterni all’Ue come nel Nord Africa, nel Medio Oriente,  nel Golfo e in tutte le regioni coinvolte creando una maggiore cooperazione nella lotta al terrorismo tra questi paesi e l’Ue. Guardando alla sicurezza si deve considerare che a radicalizzarsi sono in particolare soggetti vulnerabili e questo comporta una nuova minaccia sia per la quantità che per la qualità del terrorismo, che ha bisogno di strumenti di prevenzione efficaci e rispondenti a queste nuove forme. Deve esserci secondo i ricercatori dell’EPC un quadro Ue trasversale e analitico tra le forze di sicurezza Ue, che faccia da ponte tra le forze di polizia e gli apparati di intelligence. Si deve considerare poi per meglio contrastare il fenomeno anche su un piano sociale che il radicalismo si sta diffondendo soprattutto tra comunità musulmane Ue in costante crescita demografica ma economicamente svantaggiate, il radicalismo per molti ragazzi di seconda e terza generazione in Europa rappresenta una cartina di tornasole rispetto alla alienazione culturale, ad uno stato di indifferenza esistenziale, di polarizzazione politica e religiosa. Anche se l’elemento sociale resta importante secondo lo studio, non  sono comunque la povertà o la situazione socio economica cause del terrorismo in Europa soprattutto guardando alle biografie degli jihadisti europei. Sembra infatti che siano solo alcune specifiche comunità in condizioni socio-economiche difficili a generare un elevato numero di terroristi, non tutte quelle che si trovano nelle stesse condizioni.

Politicamente infine si deve prestare attenzione al crescere di movimenti populisti ed estremisti in tutta Europa che alimentano un clima di paura e prendono come capo espiatorio le comunità musulmane e le comunità straniere,  tutto ciò può  spingere ulteriormente i giovani verso la radicalizzazione.

Una cooperazione rafforzata e più efficace tra i paesi per un 'intelligence e sistema di difesa Ue si fa sempre più urgente.  

Su questi temi EastWest ha intervistato l’eurodeputato e vice presidente del Parlamento Europeo David Sassoli.

Gli attacchi terroristici ultimamente colpiscono in vista  degli appuntamenti elettorali europei?
Perché il terrorismo è un fenomeno politico per sua natura che segue l’attività e l’agenda politica Ue. I terroristi non sono degli sprovveduti: cercano di determinare debolezza nei nostri sistemi politici, così come facevano le brigate rosse e i movimenti eversivi di destra. Non c’è alcun legame religioso o islamico, è un fenomeno puramente politico.

Recentemente l’Italia ha ricevuto una procedura di infrazione per ritardi negli scambi di informazioni sul terrorismo e le falle tra gli stati Ue in questo senso non mancano, manca un sistema europeo di cooperazione più efficace?
A seguito degli attacchi di questi ultimi due anni abbiamo una migliore collaborazione tra i paesi ma dobbiamo ancora lavorare tanto per avere un sistema centrale di informazioni Ue efficace. I paesi sono gelosi delle proprie informazioni ma devono capire che prima di tutto viene la sicurezza dei cittadini europei. L’intelligence Ue non può che passare per una difesa comune europea sulla quale i paesi europei stanno ragionando. Se anche i sistemi legali si integrano si integrano anche le informazioni. La Commissione dovrebbe dare una spinta verso una cooperazione rafforzata per una difesa comune.

Ad ogni attacco seguono sempre massicce operazioni anti terrorismo, Human Rights Watch ha recentemente denunciato casi di abusi e discriminazioni contro cittadini arabi e musulmani anche durante alcune operazioni, come evitare questo?
Non ci si difende violando i diritti, ma rafforzandoli. Le operazioni di intelligence e di polizia devono essere efficaci ma non devono travalicare i diritti. Anche perché poi spesso gli attentatori tra l’altro sono cittadini europei come in quest’ultimo caso inglese.

Quali priorità Ue per contrastare il terrorismo?
Il Parlamento Ue sta dando delle indicazioni sul contrasto al terrorismo ma la Commissione Ue deve mostrare più determinazione. Insomma “La Commissione batta un colpo”.

@IreneGiuntella


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