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Sconfitta e dimissioni di Renzi, due fatti che impongono il voto - intervista de l'Unità al presidente dei Deputati Pd Ettore Rosato

29 Dicembre 2016




di Federica Fantozzi


Ettore Rosato, capogruppo del Pd alla Camera, un mese dopo il referendum e smaltita la “botta” che valutazione dà della vicenda che è costata a Matteo Renzi Palazzo Chigi?

 
«Non rinneghiamo il senso delle cose che abbiamo fatto. Resto convinto della ragione di fare le riforme e quelle riforme in particolare: la fine del bicameralismo paritario per rendere le istituzioni più funzionali ed economiche».
 
Non sono stati fatti errori? 
 
«Se ricominciassimo da zero, sarebbe opportuno avere una diversa comunicazione con gli elettori. La riforma costituzionale, come abbiamo sempre detto, non era perfetta. Era però la strada giusta e non la rinneghiamo».
 
Il governo attuale, nato proprio su quest’onda, che orizzonte ha? 
 
«È un governo presieduto da un bravo premier, Paolo Gentiloni, che ha il pieno sostegno del Pd per fare tutte le cose che servono e che dovrà fare, a partire dalla gestione delle emergenze come il doposisma, il sistemacreditizio, la situazione europea e internazionale. Ha però un orizzonte breve. Per noi devono esserci le elezioni non appena le questioni legate alla legge elettorale lo consentiranno».
 
Elezioni appena possibile è la parola d’ordine non soltanto del segretario, Io hanno ribadito in dichiarazioni pubbliche anche il presidente del Pd Matteo Orfuri e il capogruppo al Senato Luigi Zanda. Su questo tema tra Renzi e Gentiloni la sintonia è totale? Considerando che il presidente Mattarella ha già ammonito a non essere troppo frettolosi sulla legge elettorale.
 
«Intanto, ci sono competenze che spettano al capo dello Stato, sono insindacabili e su di esse noi non ingeriamo. C’è però una questione politica: la sconfitta referendaria e le successive dimissioni di Renzi sono fatti che esigono che si vada al voto. Il patto tra Berlusconi e Bersani con la nascita del governo Letta al l’inizio di questa legislatura serviva proprio per fare le riforme. Nel momento in cui questo percorso è fallito non ci sono più motivi per non andare alle urne».
 
Giugno è la deadline? 
 
«Questa decisione rientra nelle competenze del Quirinale. Politicamente, il nostro auspicio è voto prima possibile».
 
La legge elettorale è una partita complicata. Secondo lei si troverà la quadra sul Mattarellum o l’epilogo inevi tabik è il ritorno all’antico proporzionale? 
 
«La vittoria del No al referendum ha indubbiamente portato con sé una spinta verso il proporzionale e il rafforzamento nelle loro tesi di tutte le forze che lo vogliono. Questa è la situazione. Noi continuiamo a pensare che l’Italia abbia bisogno di governabilità e perciò abbiamo proposto il Mattarellum. Se ci saràla maggioranza politica lo faremo, altrimenti bisognerà prendere atto di quanto ci diranno tutti i gruppi parlamentari, opposizioni comprese. Per ora c’è soltanto il sì della Lega di Matteo Salvini».
 
Passata la direzione, nel Pd sono riesplose le tensioni. Non era meglio fare il congresso a questo punto? 
 
«Renzi aveva proposto il congresso proprio per aiutare il Pd a fare un passo avanti. Poi la serie di paletti e di no messi dalla minoranza, sul percorso come sui tempi, ha suggerito di evitare un nuovo fronte interno di rottura».
 
Sì, ma la minoranza medita di votare la sfiducia a Poletti se non vengono toccati Jobs Act e riforma della scuola. Non le sembra che il fronte di rottura sia soltanto rimandato? 
 
«C’è un pezzo del Pd che deve tornare alle regole basilari della convivenza democratica. Non esiste una comunità in cui qualcuno si sente libero di fare come vuole in ogni occasione. Il Pd ha sempre funzionato così, come del resto i nostri partiti di provenienza: si discute, ma poi la minoranza vota come si è deciso a maggioranza. Lo ha scritto giustamente Pierluigi Bersani nel nostro programma del 2013. Altrimenti si finisce male: Pd e Ulivo sono sempre crollati per colpa di divisioni interne».
 
Allora come se ne esce? 
 
«Confido nel senso di responsabilità di chi ha avuto grandi responsabilità all’interno del partito. Seppure breve, questo pezzo di legislatura deve essere gestito nell’interesse del Paese e della nostra comunità politica».
 
Continua a essere ottimista? 
 
«Sempre».
 
Dipenderà ovviamente dalle legge elettorale, ma sono ipotizzabili le primarie? 
 
«Vedremo al tavolo della legge elettorale se ci sarà spazio per le coalizioni e di conseguenzaper le primarie di coalizione. In ogni caso per noi sono importanti, le consideriamo utili, e troveremo modo di coinvolgere militanti ed elettori nella scelta dei candidati come abbiamo sempre fatto».


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